Spesso lo sport confonde il coraggio con il rischio e il furore, ma il coraggioso passa inosservato. Rischia anche l’errore quando la situazione lo richiede ed è l’unico che la può affrontare o un compagno è in difficoltà, ma non è un benefattore a tutti i costi: chi se l’è cercata, se la risolva.
Sentiamo spesso parlare di mastini e ardimentosi che rischiano le gambe o di furore agonistico, ma ci dobbiamo capire. Il “mastino” che ce la mette sempre tutta e non molla mai piace. È lo sportivo e il professionista vero che ha trovato il proprio modo per esprimersi al meglio, ma quelli che si gettano allo sbaraglio incuranti dei rischi o si buttano nella mischia a corpo morto senza curarsi dell’incolumità propria e dell’avversario non sono coraggiosi. Sembra che non conoscano la paura, ma in realtà vogliono dimostrare a se stessi e agli altri di non averla, e questo giocare sotto l’azione di emozioni contrasta con la lucidità “attiva” del rendimento vero. Si dice che siano i migliori, ma gli sportivi e i professionisti veri sono in pieno contatto con se stessi, presenti alla situazione e portati a creare piuttosto che distruggere. Il furore agonistico, invece, significa giocare con la bava alla bocca e la mente torbida e confusa, sprecare energie e non raggiungere i livelli possibili di rendimento.
Nasce così l’uomo? Se pensiamo che il bambino non cerca mai di fare male all’avversario e pensa solo al gioco, c’è da credere che i comportamenti all’adrenalina pura non siano naturali, ma piuttosto richiesti e imposti. Cerchiamo di descrivere che cosa significa il coraggio negli sport, specie in quelli di gruppo e di contatto.
Chi è coraggioso passa quasi inosservato, perché fa ciò che la situazione richiede senza bisogno di sbalordire. Si aspetta il risultato più che l’applauso, e quindi mette in atto intenzioni e iniziative utili e necessarie, e non quelle che stupiscono e affascinano il violento. Cerca di creare e dirigere le situazioni, e non solo di adattarsi per neutralizzarle. In pratica, cerca di creare l’imprevisto piuttosto che limitarsi a rispondere a ciò che sta avvenendo.
S’impegna a fare sempre il meglio anche quando potrebbe accontentarsi e non offre inutili dimostrazioni di "carattere" per convincere se stesso e gli altri di non avere paura. Cerca di non sbagliare, ma non teme l’errore. Prova e sperimenta il nuovo, si confronta con situazioni difficili anche a rischio di sbagliare e andare incontro a uno svantaggio, e si mette alla prova quando è necessario per migliorarsi. Cerca di rendere concreto ciò che è consentito ai suoi mezzi e ci mette sempre del suo per andare oltre ciò che gli possiamo chiedere e insegnare. In pratica, lavora sul proprio talento: utilizza tutte le risorse di cui dispone all’efficacia possibile e non si limita a eseguire.
Negli sport di squadra è un leader vero, sia perché sa coordinare le iniziative di tutti, e sia, soprattutto, perché è disponibile a mettersi al servizio della squadra e a rimediare all’errore di un compagno senza timore di incorrere in una brutta figura. In altre parole, chi ha coraggio cerca di fare al meglio tutto ciò che la situazione richiede, impiega tutte le proprie risorse senza calcoli ed è sempre all'altezza delle proprie possibilità, tante o poche che siano.
Attenzione, però. Non vogliamo descrivere lo sportivo perfetto, che sarebbe un’illusione. Lo sportivo coraggioso fa al meglio ciò che la situazione richiede, impiega tutte le proprie risorse senza calcoli ed è sempre all'altezza delle proprie possibilità, ma non è un robot né un benefattore a tutti i costi. Anche lui ha paura di sbagliare, non tenta quando il risultato possibile non vale il rischio e lascia che il compagno che se l’è cercata se la risolva.
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