talento

  • Nella famiglia, nello sport e meno nella scuola, s’insegna soprattutto ad assimilare e ripetere nozioni e ed eseguire comandi senza commettere errori, ma è un limite.

    Ognuno è diverso, e ha mezzi e qualità che soltanto lui può scoprire quando affronta situazioni complesse che non conosce, e ha bisogno di un insegnamento e di richieste adatte. La famiglia, quando può, dà soluzioni pronte per avvantaggiare i figli, la scuola spesso si accontenta che gli allievi capiscano invece di insegnare a fare da soli, e lo sport crede che il talento sia nelle abilità, e non nel loro uso ingegnoso.

  • Per formare uno sportivo che ha prospettive di carriera non occorre sconvolgere i propri metodi, ma passare dal trasmettere informazioni e comandi uguali per tutti alla libertà dell’allievo di portare contributi personali e avventurarsi nel nuovo e nello sconosciuto, dove risiedono le facoltà superiori della mente e il talento. O, in altri termini, di passare dall’interprete passivo al protagonista attivo, o dall’esecutore al creativo.

  • Sembra che un allenatore duro, la vittoria con qualsiasi mezzo e gli stimoli che aumentano l’eccitazione e la tensione siano gli strumenti più importanti di uno sportivo. Sarà vero?

  • Nella realtà, quasi tutto è misurabile ed esprimibile in cifre, mentre ciò che appartiene alla mente si può intuire soltanto tenendo conto che è sempre in evoluzione e può essere frenato, o anche invalidato, da influenze esterne, come un’educazione sbagliata o la richiesta di prestazioni che si sente di non poter dare. Mentre le qualità fisiche e le doti tecniche in qualche modo si possono intravedere, di quelle mentali, che si esprimono nello sport e in ogni altro campo, le valutano solamente le attenzioni e la sensibilità di chi le sa osservare.

  • Oggi, il talento è entrato nella produzione di massa: basta che non crei problemi e faccia meglio ciò che fanno tutti. Lo sport lo addestra, ma ne perde l’ingegno e la creatività.

  • Lo sportivo che non impara a esercitare creatività, ingegno e iniziativa personale potrà diventare un buon esecutore, ma non raggiungerà lo sviluppo pieno del proprio talento.

  • Il talento assimila meglio ciò che capiscono tutti, ma la formazione è crescita della persona, e non sola trasmissione di dati e informazioni già digerite.

  • Un giovane può essere svogliato o anche astioso, ma un’accusa, una punizione, una sfuriata o una vittoria sterile non risolvono un conflitto e possono lasciare conseguenze imprevedibili.
    Un allievo, dotato e bravo in allenamento, da qualche tempo in gara si tira indietro. L’ho rimproverato ed ho provato anche a punirlo, ma non ho ottenuto nulla.

  • Il talento sceglie da solo l’agonismo che sente più utile, ed è quello che valorizza le sue abilità. Ha, invece, scarso interesse per quello che serve soltanto per vincere con qualsiasi sotterfugio, perché essere più abile e sentire di eseguire meglio un gesto tecnico impossibile agli altri lo soddisfa più che prevalere con i mezzi estranei al suo talento.

  • La gara ha come obiettivo la vittoria, ma ottenerla con strumenti e modi che non chiamano in causa le qualità del talento,

  • Lo sport è tale se si può vincere o perdere. Un giovane deve potere praticare sempre uno sport ma, dove è possibile, farlo con altri di pari livello, altrimenti resta ai margini e patisce e, se è un talento, esclude gli altri dal gioco.
    Come mi comporto con un ragazzo che, in qualche modo, ignora e sminuisce gli altri perché si ritiene migliore?

  • Con il talento è più facile commettere errori, perché è un personaggio più complesso, ha qualità che vanno scoperte perché non si esauriscano o non diventino impulsi negativi.

    Di solito, il talento è considerato vivace e intraprendente, ma anche impulsivo, polemico, indisciplinato e intrattabile. In parte è vero, perché una creatività e un desiderio d’iniziativa che non riescono a esprimersi si trasformano facilmente in intolleranza, irrequietezza o ribellione. Quando un talento è intrattabile,

  • Il talento vero, ma non ancora formato, possiede i caratteri di un’intelligenza vivace, ma non ancora l’armonia, il carattere, le esperienze e la costanza per essere costruttivo.
    Il talento è raro ed è un tipo particolare, somma di abilità tecnica e ingegno, un po’ genietto e un po’ Perino che dà grosse soddisfazioni, ma anche grattacapi.
    Occorre conoscerlo, altrimenti si rischia di trattarlo da fenomeno e pretendere che lo sia, o credere che possa imparare prima e far vincere quando vuole.
    Oppure accontentarsi di quanto dà, e non rendersi conto che ha molte altre qualità che può perdere, lasciare andare incontro a uno sviluppo non costruttivo o considerare spigoli da limare.

  • Nella formazione, l’insegnamento è affidato all’iniziativa del singolo, che ripropone le proprie esperienze di allievo, si affida ad esperienze vissute da altri o alle verità di tanti guru impreparati.

    Nello sport, la formazione è ancora una parola con troppi significati, e non tutti innocui. Manca un modello comune che sappia scoprire, sviluppare e far cooperare le qualità della mente, moderare e rendere vantaggiosa la parte emotiva della personalità e trattare ciò che è specifico del singolo. In pratica, si dice come fare imitando il gesto del campione, si correggono le iniziative che rispondono alle attese di chi insegna e si trascura ciò che è specifico di ognuno, che si manifesta soltanto quando il momento richiede una soluzione imprevista.

  • Per “fare insieme” non s’intende soltanto collaborare nell’esecuzione di un compito o un’azione, ma partecipare con contributi personali anche all’ideazione e alla messa in atto. Insegnante e allievo mantengono il proprio ruolo: il primo fornisce le indicazioni necessarie per stare all’interno di direzioni produttive, e pretende che non siano disattese, mente il secondo impara a muoversi in spazi definiti e, al loro interno, esercita tutta la creatività e l’iniziativa senza essere vincolato da atti di pura imitazione.

  • Certi atleti più emotivi degli altri richiedono qualche cautela. Si dice che siano in particolare i talenti, ma forse è un modo di dire per giustificare certi eccessi di qualcuno di loro più conosciuto.

  • Attenzioni devono essere dedicate a tutti, perché l’obiettivo della formazione è lo sviluppo di tutte le qualità di qualsiasi allievo a prescindere dal talento di cui dispone. Altre, più accorte, devono essere dedicate in particolare al talento vero che si trova nei settori giovanili importanti, dove la differenza è che sono tanti e possono scambiarsi abilità tecniche di livello superiore, e non dove si pratica lo sport per tutti, in cui gli obiettivi principali sono divertirsi e fare attività fisica.

  • Pur considerando che ogni allievo è diverso dagli altri e ha qualcosa di solamente suo che deve poter esprimere, un discorso è preparare un giovane a fare sport per divertirsi, e un altro è lavorare sulle qualità che portano allo sport di alto livello.

  • Il talento è inquieto perché sente di valere più degli altri, patisce un insegnamento che non lo valorizza, a volte non si adatta a compiti che gli sembrano banali o mortificanti per le sue qualità. Spesso non si adegua alle esigenze comuni per una vitalità o un’esuberanza che contrastano con gli interessi collettivi. Ha una vivacità creativa che, se non espressa o soffocata, si trasforma anche in insicurezza o in inquietudine ribelle. Infine, può patire anche il successo, come credere di poterlo sempre avere o vivere nel terrore di perderlo.

  • Il talento è avvantaggiato perché prevale nel gioco e nella prestazione, ma spesso, per la propria dotazione è sottoposto a maggiori richieste, deve adattarsi agli altri a spese delle proprie capacità, tenere a freno la vivacità creativa e pagare con profonde insoddisfazioni uno sviluppo incompleto del proprio talento.

  • Ognuno vuole fare sempre meglio, scoprire nuove capacità, valorizzarsi nei confronti degli altri ed essere approvato dalle figure che per lui sono importanti. In pratica, e in particolare chi è avvantaggiato dalla dotazione, è spinto dalle proprie motivazioni più che da qualsiasi stimolo esterno.

  • Negli sport o in attività di precisione, tipo ginnastica artistica, sci, danza o anche calcio, non è meglio imparare subito il gesto preciso?

  • Si crede che la continuità derivi dall’impegno e dalla volontà che si possono richiamare in qualsiasi momento della gara, ma è una condizione molto più complessa,

  • Lo sport che ti fa apprezzare albe e tramonti, mari e laghi, parchi e strade, partenze e arrivi, solitudine e compagnia, se c'è l'uno ci può essere anche l'altro, se c'è negatività ci può essere anche positività, se c'è tristezza c'è anche allegria, l'uno serve all'altro per dare più valore, se c'è tensione ci può essere più relax.

  • Un tempo, il professionista era lo sportivo controllato, sempre attento ai doveri e alle rinunce, pronto ad assimilare e mettere in pratica ogni richiesta e comando, disposto al sacrificio e a dare ogni goccia di sudore.

Tehethon