adolescenza e sport

  • In Italia percentuali elevate di adolescenti partecipano al gioco d’azzardo, alcuni con vera e propria dipendenza patologica.

  • Già nei primi anni ottanta in un articolo per "Università e Territorio",...

  • Lo sport e lo sportivo hanno subito grossi cambiamenti. Occorre superare l’insegnamento uniforme e l’addestramento:...

  • Se un giovane trasgredisce o sbaglia per inesperienza o scarso interesse, certo basta spiegare o proporre un’alternativa più appagante. Se, però, ci troviamo in un conflitto o in un’incomprensione profonda, occorre prima capirsi e, a volte, anche correggere qualche nostro errore.

    Se i giovani sono così disponibili e sempre pronti a cambiare per migliorare, perché non basta parlare affinché capiscano e si correggano?

  • Nei primi anni di sport, il bambino cerca il confronto con i coetanei, la verifica dei progressi, la consapevolezza di poter affrontare nuove situazioni, la padronanza dei propri gesti, il rapporto con l'adulto che lo sa guidare e apprezzare per ciò che fa, il giocare per vincere, ma non ancora per sentirsi migliore degli altri, e l’occasione di superare il naturale sentimento d’incompletezza e il disagio di sentirsi incapace nei confronti degli altri.

  • L’arroganza non è frequente nei Settori Giovanili. Se, però, l’istruttore si presenta come un sergente di ferro, si considera un abile psicologo, crede di poter manipolare a piacimento, accorda privilegi e giudizi interessati, cede a pressioni o pretende di essere infallibile, è facile che i giovani si ribellino.

  • In una recente trasmissione, si è convenuto che all’attuale scarsità di campioni nello sport si possa rimediare soltanto con un cambiamento di cultura e di metodi d’intervento nei Settori Giovanili. Il discorso sarebbe troppo lungo e non si conterrebbe in un articolo. E allora accenniamo in breve a cambiamenti culturali trattati nel sito e che lo sport trascura ancora, rinviando a uno successivo la trattazione sui metodi d’intervento.

  • Spesso il ragazzo superdotato fallisce anche se trova condizioni favorevoli. I motivi stanno nella sua specificità e in certe particolarità del suo sviluppo, ma soprattutto negli errori di chi lo educa. Specie quando dimentica che il superdotato è una pura potenzialità da coltivare, è capace di straordinari sviluppi, ma anche di fallimenti o disadattamenti altrettanto vistosi.

    Quasi sempre ci inganna il fatto che nella prima infanzia il superdotato non abbia molti problemi...

  • L’adolescenza è il periodo dello sviluppo tumultuoso non solo del fisico dei giovani, ma anche della loro psiche e della loro emotività, cioè della loro persona, tutta intera.

  • Il giovane sceglie lo sport per il piacere di praticarlo, ma intanto vive la cultura di un ambiente che cambia rapidamente, impone tanti modelli incerti e lascia poco spazio a un adattamento consapevole, ma non rassegniamoci perché si può fare molto.

  • Un tempo, i figli accettavano una posizione subordinata e condiscendente almeno fino all’adolescenza, ma tanti oggi trovano facilmente le contromisure o si ribellano.

  • Ha senso una formazione in cui s’insegnano trucchi e furbate, mentre potenzialità si scoprono e si manifestano usando le qualità del proprio talento?

    In una vecchia conferenza in coppia, a una mia affermazione che i trucchi e le “furbate” sono i più grossi ostacoli al talento, Boskov, da finto ingenuo, mi disse: “Se Vialli si butta in area e si procura un rigore, che faccio? Lo metto fuori?” In effetti, lui parlava di uso del talento già formato, ed io di come formarlo, e ci siamo spiegati.

    Questo discorso, riferito all’adulto, può sembrare una specie di moralismo o la ricerca della purezza assoluta, ma è evidente che i grossi campioni preferiscono usare il talento. Inoltre, in un gioco di automatismi, due pensieri tra loro contrari nella testa non ci stanno: o si pensa al trucco o al gesto tecnico vero.

  • Il genitore che non considera le capacità del figlio e chiede realizzazioni impossibili, non lo porta alla responsabilità, all’autonomia e alla socializzazione, non gli consente di sviluppare il talento e lo rende insicuro e inadeguato.
    L’allenatore non apprezza mio figlio come merita e i compagni non lo cercano. Gli dico di rispondere con gli stessi modi, perché lo fanno per invidia e cattiveria.

  • Mia figlia ha un lieve deficit fisico e vorrebbe fare sport. Perché non sviluppi complessi d’inferiorità, faccio in modo che non si debba confrontare con gli altri nello sport e cerchi altri campi in cui potersi valorizzare.

  • Verso gli undici, dodici anni, dalla comparsa e dall’affermazione del pensiero astratto.

  • Con i propri allievi non si può essere come padri. E se, come spesso si crede, si tratta di un rapporto affettivo, attento a proteggere e non gravare di impegni, accondiscendente e impegnato tante volte a costruire la felicità, è un errore anche per un padre vero.

    Che cosa significa per un allenatore “essere un padre” con i giovani?

    L’adulto, nello sport e in ogni situazione in cui sia educatore o anche solo un modello da seguire, deve richiedere l’assunzione di compiti non graditi,

  • Certi atleti più emotivi degli altri richiedono qualche cautela. Si dice che siano in particolare i talenti, ma forse è un modo di dire per giustificare certi eccessi di qualcuno di loro più conosciuto.

  • L'istruttore, che se ne renda conto o no, è una figura importante che può sbagliare più nella formazione della persona che dello sportivo, che da solo è poca cosa, e per allenare un giovane a un agonismo sbagliato, basta annullare i caratteri che servono per quello giusto.
    L’istruttore che chiede ai giovani una competitività e comportamenti da adulti, e intanto usa sistemi che li mantengono bambini, propone un agonismo sbagliato.

  • Da tuttocome de La Stampa Numero 279. Martedì 29 agosto 1990. 19
    Settimanale della casa e del tempo libero
    Per gentile concessione de La Stampa
    Psicologi e psicopedagogisti si interrogano: la superdotazione deve essere incentivata oppure tenuta sotto controllo e se necessario scoraggiata fino a neutralizzarla?

  • Un figlio geniale è un sogno segreto di molti genitori: ma la grande intelligenza non è sempre una virtù.
    Il bambino precoce in teoria è un privilegiato: spesso però è più fragile dei coetanei “normali”, più bisognoso di appoggi. In caso contrario va incontro a insoddisfazioni che possono degenerare in veri casi di disadattamento.

  • La specializzazione precoce è quella che s’impone a un bambino, che vede e pensa solo ciò che è presente e non ha ancora le strutture per imparare, ragionare e fare come l'adulto. E deve ancora scoprire le qualità e facoltà fisiche e mentali necessarie che, prima dei dieci, undici anni, si rivelano nel gioco libero attraverso sperimentazioni ed errori.

  • Il bambino nasce incompleto e imperfetto, e ha bisogno di arrivare alla padronanza e all’armonia del corpo e del movimento per acquisire il gesto tecnico e al pensiero astratto per capire che cosa ne dovrà fare.

  • Una trasgressione dell’adulto non è necessariamente un crimine, ma l’abitudine a trasgredire, o anche solo l’indifferenza verso le regole comuni, per un giovane sono modelli di vita leciti e, in seguito, motivi per negargli autorevolezza.

  • In qualsiasi campo, chi vuole raggiungere gli obiettivi che desidera, deve mettere in conto fatica, impegno, regole che possono non piacere e rinunce, nello sport, però, che è piacere, divertimento e benessere, usare termini come sacrificio, rinuncia, fatica o puro dovere, cioè dare più di quanto si riceve, non ha significato.  

    In genere, se ne parla per portare una squadra in crisi alla responsabilità o anche soltanto per stimolarla all’impegno e all’osservanza di valori che non si sa che cosa siano, se non l’ultima risorsa, quando non si sa più che cosa fare per uscire da una crisi o i giocatori si sono stufati di questo tipo di sport. Oppure, è un luogo comune, un modo di dire per convincere se stessi o un giovane che, passando attraverso un percorso sgradevole, sarebbe più resistente e disposto a un impegno totale per vincere. Il discorso avrebbe anche una sua logica se non si ottenesse di più lasciando che lo sport resti un piacere e si facesse leva su motivazioni ben più efficaci, come scoprire il proprio talento, migliorare le prestazioni e, ottenere un apprezzamento impossibile agli altri.

    Parla ancora di sacrifici l’adulto ancora convinto che più pretende più ottiene, o forse che sia l'unico modo per ottenere, mentre il giovane attuale si oppone e rifiuta tutto ciò che non gli piace e di cui non capisce lo scopo, perché non procura piacere e l’interesse. Un ragazzo ha bisogno che l’adulto s’interessi a lui, lo aiuti a prendere le decisioni senza liberarlo dalle responsabilità, lo ascolti e lo aiuti a risolvere i suoi problemi da solo.

    Che nello sport, come in ogni attività o impegno che piace e interessa, serva la voglia di sacrificarsi è un luogo comune, un modo di dire che finisce per convincere un giovane che è giusto sentirsi oppresso e annoiato o contrattare per impegnarsi. Ciò non significa rifiutare l’impegno e la fatica per un obiettivo che li richiede, ma non imporli quando ci sono modi e strumenti più efficaci e non sgraditi per chiederli.

     Come si trasforma lo sport in un piacere invece che in un sacrificio?

    • Quando non si toglie il gusto del gioco con rimproveri, punizioni deprezzamenti, o colpevolizzazioni.
    • Non si pensa ad allenamenti più pesanti, noiosi e “punitivi” dopo una gara sottotono, ma se ne parla in gruppo per trovare le cause e le soluzioni.
    • Non si porta l’attenzione sulla prossima partita, sempre difficile, che può soltanto essere vinta.
    • In pratica, si passa dal credere di dover neutralizzare il rifiuto di fare insieme qualcosa che interessa e diverte al lasciare che gli allievi siano spinti all’impegno dalle loro motivazioni.
    • Si considerano i momenti dello sviluppo.Il bambino smette appena sente conto di non divertirsi e di essere impegnato in un lavoro. Dopo i dieci, dodici anni, con la comparsa del pensiero astratto, che gli consente di vedere e progettare il futuro e dà un significato a ciò che sta facendo, il ragazzo inizia a provare piacere in ciò che fa e a considerare i disagi come strumenti per arrivare a obiettivi reali.

    Vincenzo Prunelli

  • L’allenatore che vuole sinceramente essere amico degli allievi va sempre apprezzato per le intenzioni, ma deve stare attento, perché va incontro a effetti quasi inevitabili. L’amicizia è molto più complessa di un buon rapporto tra insegnante e allievo.

Tehethon