Considerazioni relative agli interventi didattici prima durante e dopo la pratica sportiva del giovane calciatore, secondo i principi della metodologia operativa.
I parte: LA COSTRUZIONE DELL’IMMAGINE MENTALE
Che cos’è il calcio?
Il calcio è un gioco semplice e facilmente comprensibile nelle sue regole e nel suo svolgimento. Può essere praticato da chiunque perché non esige una particolare struttura fisica o determinate doti atletiche; consente all’atleta un’ampia libertà di movimenti e quindi la possibilità di esprimersi al meglio di se stesso.
Per questo il gioco del calcio è definito attività libera che partendo da una tecnica di base comune permette a tutti di esprimere la propria personalità e il proprio stile; tuttavia è un’attività incerta di cui è impossibile prevederne sempre lo svolgimento.
Filosoficamente il calcio è un’avventura sempre nuova e piena d’interesse che può diventare spettacolare; è un’attività del presente, del qui e ora, perché il giocatore deve agire in riferimento alla situazione del momento facendo appello alle conoscenze e alle competenze acquisite.
Quindi il calcio piace:
- perché è un gioco semplice;
- può essere praticato da tutti;
- è un’attività libera;
- è un’avventura;
- è un’attività di continua sperimentazione.
Quattro sono le aree dell'allenamento calcistico:
- la tecnica e la tattica (capacità coordinative);
- la condizione fisica (capacità condizionali);
- la comprensione (cosa fare e cosa non fare);
- la condizione psico-sociale (comportamenti).
La tecnica e la tattica: sono gli strumenti del mestiere, quanto migliori saranno tanto più efficaci, utili e sorprendenti saranno i risultati raggiunti.
La condizione fisica: le abilità non sono realizzabili se non sono accompagnate da una buona condizione fisica. Questo sarà l'argomento di articoli specifici.
La comprensione: consiste nel capire ciò che si può fare e ciò che è necessario fare e distingue il buon calciatore dagli altri a parità di condizione fisica e tecnico-tattica.
Tentare qualche cosa che si sa di non poter fare, è tanto grave quanto fare qualche cosa bene nel momento sbagliato. La comprensione richiede:
- conoscenza dei principi del gioco e delle regole;
- intuizione di quello che sta per succedere;
- decisione di scelta su ciò che è meglio fare;
- percezione di spazio e tempo;
- azione, esecuzione pronta e immediata di ciò che si è scelto.
La condizione psico-sociale: saper stare all’interno di un gruppo (squadra), accettando le diversità (abilità, comportamenti, capacità fisiche, esperienze…) collaborando per il raggiungimento dello scopo comune è una condizione indispensabile per completare le altre.
Per il raggiungimento di questi obiettivi l'allenatore deve essere padrone dei principi su cui si basa un’efficace azione allenante.
Allenare significa comunicare.
Alcuni parlano ma comunicano poco e stentano ad entrare in relazione, altri invece, parlano troppo e lasciano poco tempo all’ascolto.
Ogni allenatore deve tener sempre presente l’importanza della sequenza:
ASCOLTO = DIMENTICO
VEDO = RICORDO
ESEGUO = IMPARO.
Anche la migliore programmazione è inefficace se l’allenatore non riesce a trasformarla in modo soddisfacente nella sua azione in campo: diventano quindi importanti secondo la metodologia operativa le modalità con cui si presentano le attività; l’organizzazione della pratica e la scelta dei metodi e dei mezzi; la conduzione della squadra e le informazioni di ritorno che si somministrano.
L’intervento dell’allenatore si organizza fondamentalmente intorno a tre momenti rispetto alle condizioni della pratica del giovane calciatore. Questi tre momenti sono tradizionalmente suddivisi in interventi prima della pratica, durante la pratica e dopo la pratica.
Gli interventi prima della pratica sono legati alla presentazione del compito, e in particolare al tipo di istruzioni e di modelli che vengono forniti dall’allenatore.
Gli interventi durante la pratica sono relativi soprattutto alle condizioni della pratica e all’organizzazione materiale dell’ambiente di apprendimento.
Gli interventi post pratica invece sono legati alla somministrazione del feedback al calciatore.
La costruzione dell'immagine mentale
Tutti gli studiosi sono concordi nell'affermare che un aspetto fondamentale prima della pratica è la costruzione dell'immagine mentale del gesto o dell’azione da compiere. La costruzione di questa immagine mentale è essenziale per guidare e perfezionare fin dall'inizio l'esecuzione del gesto. L'immagine mentale o guida, permette inoltre di rilevare attraverso il confronto tra il movimento reale, che si è eseguito, e l'immagine mentale appresa in precedenza un eventuale errore di esecuzione o di programmazione. Compito dell’allenatore sarà dunque quello di fare in modo che l’allievo abbia la consapevolezza del gesto motorio e tecnico che deve compiere in tutte le sue particolarità e dettagli, attraverso la memorizzazione dell'immagine mentale corretta, che funge da guida nel movimento.
Ma come si costruisce l'immagine guida nella mente?
L'immagine mentale è fornita da vari tipi di percezioni polisensoriali (visive, acustiche, tattili, cinestesiche) provenienti da differenti fonti d’informazioni sia propriocettive che esterocettive. Tutte queste informazioni vengono amalgamate in un'unica immagine che permette di avere una visione unitaria del gesto. Le informazioni raccolte dall'ambiente, raggiungono poi in pochi millisecondi la corteccia dove vengono sottoposte a ulteriori confronti, riconosciute e trasformate in informazioni utili alla soluzione del problema in esame.
Normalmente si riconosce che quasi tutte le informazioni sono convogliate attraverso la vista soprattutto nelle prime fasi dell'apprendimento anche se l'udito e gli altri sensi collaborano in questo processo durante lo svolgimento dell’azione motoria e/o tecnica.
Si è notato inoltre che nei giovani neofiti, tale percentuale di apprendimento tramite la visione diminuisce all'aumentare delle esperienze motorie, con un graduale passaggio di utilizzo dalle informazioni esterocettive a quelle enterocettive.
Il prof. Rieder, studioso dell'apprendimento, durante un'intervista rilasciata in occasione di una conferenza "Sport, sviluppo umano e socializzazione" svoltasi a Roma nell'ottobre del 1982, affermava che mentre l'atleta esperto costruisce l'immagine mentale analizzando il gesto che gli viene proposto nei minimi dettagli, nel neofita e in particolar modo nel bambino la costruzione dell'immagine avviene attraverso una rappresentazione semplice e di struttura. Solo con il tempo e l'esperienza, l'immagine mentale subisce modificazioni fino a raggiungere una rappresentazione perfetta del movimento.
Nella didattica la costruzione dell'immagine mentale dell'azione è dunque la prima componente da considerare per consentire al giovane calciatore di comprendere il compito e rielaborare uno schema di riferimento.
La costruzione dell'immagine mentale avviene attraverso l'intervento di svariati tipi d’informazione da parte dell'allenatore.
Il mezzo più tradizionale e certamente più conosciuto dagli allenatori per far apprendere il gesto, è l'istruzione di tipo verbale. Attraverso questo tipo d’istruzione, l'allenatore descrive le posizioni del corpo, le parti da muovere richiamando a volte l'attenzione su qualche particolare. Questo tipo d’informazione ha però il limite di poter offrire solo una struttura generale del movimento, non permette cioè di cogliere la tensione e la forza muscolare, coinvolte nel movimento. Si rende necessario quindi, da parte dell'allenatore, specialmente nelle prime fasi dell'apprendimento riuscire a descrivere solo gli aspetti fondamentali del gesto, riservando i particolari a una seconda spiegazione fatta in seguito.
Anche il linguaggio in questo tipo d’informazione deve essere "controllato", in modo da presentarsi "semplice", "completo" e “comprensibile” da tutti gli allievi, qualunque sia la competenza.
Come alternativa al tipo d’istruzione appena descritto, è stata introdotta l'istruzione di tipo visivo.
Questo tipo d’istruzione gode di largo credito, soprattutto in questi ultimi venti anni, grazie all'introduzione di nuovi strumenti come telecamera e videoregistratore che permettono all’allievo la visione di un modello di riferimento, o ancora meglio la visione della propria immagine in azione. L'informazione di tipo visivo è essenziale perché vi sia imitazione ed è senza dubbio il mezzo più rapido per permettere al giovane calciatore la formazione della rappresentazione mentale del gesto da compiere in tutti i suoi aspetti. Inoltre l'uso del filmato, servendosi del video, può essere un valido aiuto per aumentare i "feedback esterni" di cui fanno parte quelle informazioni che vengono acquisite in maniera diretta sia attraverso i commenti dell'allenatore che dei compagni; in tal modo si consente un'analisi più dettagliata del contenuto da apprendere. È per questo motivo dunque che gli apparecchi video, le lavagne luminose ecc. fanno in maniera sempre più sofisticata da supporto alle istruzioni fornite dagli allenatori e dai compagni stessi. Si deve considerare però che non tutti i movimenti si prestano a questo tipo d’istruzione. Questo discorso riguarda soprattutto quei movimenti che si basano in gran parte, per l'esecuzione del gesto, sulle informazioni propriocettive che non sono percettibili dall'occhio del soggetto. Alcuni studi e sperimentazioni svoltesi nel 1990 all'università di Windsor, in Canada, da Weir e Leavitt riguardanti l'apprendimento del tiro a freccette, hanno confermato che in certi sport niente si può sostituire all'esperienza della pratica, anche se certamente la visione di un modello facilita l'acquisizione della capacità tenuta in considerazione. Perché l'informazione di tipo visivo, "specchio" dell'azione da compiere, sia ottimizzata, si rende pertanto necessaria una corretta esecuzione del gesto da parte del modello, onde permettere al soggetto che osserva di codificare e trasformare le informazioni esterne estrapolate da un modello durante la dimostrazione, in una rappresentazione interna che funge da guida.
Innumerevoli ricerche hanno confermato che l'efficacia del modeling è in funzione di come viene utilizzato, dell'età, del livello di esperienza dell'atleta e del tipo di compito motorio considerato. Si è notato, ad esempio, nei principianti, che la visione al rallentatore sul video di un modello porta alla perdita della dimensione temporale e ritmica del gesto. È inoltre importante che vi sia una guida nella visione del filmato per evitare che il soggetto sia richiamato da elementi molto attraenti ma poco utili in termini d’informazione. Vale la pena inoltre rilevare come il filmato, ha il vantaggio di presentarsi come novità nella routine degli allenamenti con un effetto motivante sui ragazzi e sugli adulti.
A questi tipi d’istruzione più conosciuti ce ne sono altri detti supplementari poiché completano i primi descritti. Questi sono le sensazioni cinestesiche che aiutano a interiorizzare il movimento e a percepire le più piccole differenze qualora vi fossero delle correzioni da fare. Un altro tipo di percezione, fondamentale in tutte le forme complesse del movimento, non legata all'attività di alcun particolare recettore specifico, è la percezione del tempo. La sensazione spazio temporale permette all'allievo di percepire il proprio movimento nello spazio e di saperne calcolare i tempi di esecuzione. In questo contributo tratteremo suddivisi in diversi capitoli le caratteristiche che l’allenatore deve tenere in considerazione rispetto alla presentazione del compito.
Nel primo articolo analizzeremo il ruolo della dimostrazione e dell’istruzione verbale nella presentazione del compito e il ruolo delle ancore verbali durante la presentazione del compito. Dopo ci soffermeremo sulla dimostrazione del compito come elemento caratteristico della tradizione della formazione calcistica.
Comportamento imitativo e apprendimento motorio
L’imitazione è probabilmente lo strumento più potente che l’evoluzione ha messo a disposizione del genere umano per trasmettere alle generazioni future le azioni motorie rivelatesi vantaggiose per la sopravvivenza. Susan Blackmore ne è convinta al punto da ritenere che la differenza tra gli esseri umani e gli altri animali non sia il linguaggio, ma la capacità di imitare. L’apprendimento imitativo è definito come la capacità di imparare un movimento inedito per il proprio repertorio motorio tramite l’osservazione di qualcun altro che esegue quel movimento. La scoperta dei neuroni mirror ha dato una concreta base neuronale a quest’importante funzione circoscrivendo le aree cerebrali ad essa deputate. Secondo Marco Iacoboni nell’uomo il comportamento imitativo ha assunto il più alto livello di complessità ponendosi alla base dell’apprendimento motorio. Nell’ambito delle ricerche si sono delineate due nozioni d’imitazione: la prima è riferita alla capacità di un individuo di replicare un atto motorio già appartenente al suo patrimonio; la seconda, invece, si riferisce alla capacità di apprendere un nuovo pattern motorio .
Apprendimento per imitazione
Comprensione del significato delle azioni eseguite da altri.
Il sistema mirror trasforma la percezione visiva dell’azione nella stessa rappresentazione motoria che viene generata internamente quando intendiamo eseguire l’azione noi stessi.
Il sistema mirror trasforma l’informazione sensoriale in conoscenza.
Sistema mirror e apprendimento per imitazione
Definizione:
Imparare a eseguire un’azione vedendola eseguire da un altro individuo.
Presupposti:
Il sistema mirror umano è attivato anche da azioni intransitive o mimate.
Il sistema mirror umano codifica la sequenza temporale dei movimenti necessari per eseguire l’azione.
Ipotesi
L’apprendimento per imitazione richiede una rappresentazione motoria interna dell’azione osservata che viene poi riprodotta;
Un’azione elementare, già presente nel repertorio mirror del soggetto, viene immediatamente riprodotta, senza apprendimento;
Un’azione complessa, non presente nel repertorio mirror, richiede una strategia di apprendimento complessa. Il sistema mirror rappresenta le componenti elementari e le riorganizza in una nuova sequenza motoria che porta all’esecuzione dell’azione complessa.
C’e attivazione motoria quando si ascolta la descrizione di un’azione?
Che cosa sono i neuroni mirror/specchio?
Questo tipo di cellule, scoperte nella scimmia, ha una duplice proprietà: si attiva sia quando la scimmia compie un’azione (ad esempio prende un oggetto) e sia quando la scimmia vede un altro individuo (un'altra scimmia o un uomo) fare la stessa azione.
Un'azione fatta da un altro fa "risuonare" – nell'interno di chi osserva l'azione – i neuroni che si attiverebbero se lui stesso facesse quell'azione.
Nell'uomo il sistema "mirror" è stato dimostrato in maniera indiretta.
Il sistema comprende molteplici aree cerebrali, incluse quelle del linguaggio, e interviene, oltre che nella comprensione delle azioni, anche nella capacità di imitare, che in senso proprio appartiene solo all'uomo e ai primati superiori.
Lo stretto legame tra risposte visive e motorie indica che la mera osservazione dell’azione compiuta da altri evoca nel cervello dell’osservatore un atto motorio potenziale, una sorta di “rappresentazione motoria interna”. La funzione dei neuroni specchio sta nel rendere possibile il riconoscimento e la comprensione, intesa come comprensione pragmatica e non riflessiva, del significato degli “eventi motori”, ossia degli atti, degli altri.
Il sistema dei neuroni specchio svolge un ruolo sia nell’imitazione, che nell’apprendimento via imitazione, infatti, i neuroni specchio localizzati nel lobo parietale inferiore e nel lobo frontale traducono in termini motori gli atti elementari che caratterizzano l’azione osservata rendendo possibile una sua replica. Tutto ciò avviene anche grazie a un sistema di controllo sui neuroni specchio che svolge una duplice funzione: facilitazione-inibizione. Tale sistema deve facilitare il passaggio dall’azione potenziale, codificata dai neuroni specchio, all’esecuzione dell’atto motorio vero e proprio. Si pensi, per esempio, a un allievo che immobile osserva il maestro eseguire al violino un passaggio complicato sapendo che poi lo deve ripetere a sua volta. Per poter ripetere i movimenti eseguiti dal maestro, l’allievo deve formarsene un’immagine motoria.
Lo stretto legame tra le risposte visive e quelle motorie dei neuroni sembra indicare che la mera osservazione dell’azione compiuta da altri evochi nel cervello dell’osservatore un atto motorio potenziale analogo a quello spontaneamente attivato durante l’organizzazione e l’effettiva esecuzione di quell’azione.
In un caso l’atto resta a un livello potenziale (ovvero una “rappresentazione interna”) nell’altro esso si traduce in una serie concreta di gesti.
L’imitazione in senso stretto è prerogativa dell’uomo e non delle scimmie impiegate negli esperimenti che hanno portato all’individuazione dei neuroni specchio, quindi, la funzione del sistema specchio deve essere anche un’altra.
Dai numerosi esperimenti traspare come neuroni specchio siano alla base, prima ancora che dell’imitazione, del:
Riconoscimento e della comprensione del significato degli eventi motori, ossia degli atti, degli altri
N.B. per “comprensione” non s’intende “consapevolezza” esplicita, ma piuttosto un’immediata capacità di riconoscere negli eventi motori osservati un particolare tipo di atto caratterizzato da una specifica modalità d’interazione con gli oggetti. Lo stimolo visivo dei neuroni specchio non è costituito da un oggetto o dai suoi movimenti, bensì dai movimenti compiuti da un altro individuo e correlati nel modo dell’afferrare, del tenere o del manipolare.
Tale scoperta pone le basi di un netto superamento delle concezioni sull’apprendimento cerebrale ereditate da Cartesio, il quale sostenne che per favorire l’apprendimento razionale era necessario escludere l’interazione comunicativa, poiché quest’ultima genera emozioni e passionalità, integrando quei meccanismi istintivi e irrazionali, che altresì devono essere isolati da un apprendimento puramente razionale utile per ottimizzare le scelte e la risoluzione dei problemi.
SUGGERIMENTI DIDATTICI PER LO SVILUPPO DELLE ABILITÀ DI RAPPRESENTAZIONE MENTALE
- Presentare modelli esecutivi, fotografie, disegni, filmati per aiutare la formazione di un’immagine esterna dell’esecuzione.
- Riprendere l’allievo con una cinepresa per poi analizzare l’azione.
- Fissare immagini statiche (posizioni e aspetti tecnici singoli) e dinamiche (azione completa o collegamento di alcune sue parti.)
- Rallentare mentalmente l’azione per correggere l’errore e poi immaginare l’esecuzione a velocità reale.
- Passare gradualmente da una rappresentazione mentale esterna a una rappresentazione interna.
- Insistere sulla correttezza esecutiva dell’azione immaginata.
- Ribadire che l’azione va rappresentata in modo completo o nelle sue fasi principali.
- Rilevare che il risultato dell’azione immaginata deve essere pienamente positivo.
- Richiedere il progressivo intervento dei diversi canali sensoriali nella rappresentazione mentale (sensazioni visive, cinestesiche, tattili, uditive).
Una conclusione importante del lavoro sulla presentazione dell'informazione agli allievi, in particolare del lavoro di istruzione iniziale degli allievi su cosa devono fare, sta nel fatto che l’insegnante deve selezionare e organizzare le tracce di apprendimento per illustrare l’abilità da acquisire. La maggior parte degli insegnanti sembra non avere difficoltà con queste idee, tuttavia una percentuale molto elevata di esercizi motori che sono presentati agli allievi durante le lezioni di educazione fisica, non è illustrata con tracce selezionate o con una dimostrazione di ciò che deve essere fatto. Il risultato di questo è che, anche se l’insegnante vuole che gli allievi ripetano una risposta motoria in un certo modo, questi finiscono per eseguire dei movimenti senza una chiara idea di ciò che stanno provando a fare.
Un’utile tecnica utilizzata da insegnanti competenti è quella di controllare se gli studenti hanno capito ciò che gli è stato chiesto di fare, prima di eseguirlo. In alternativa, l’insegnante può determinare la chiarezza dell’informazione presentata, osservando, mentre gli studenti eseguono, quanti di essi la stanno usando.
Non si ha una grande quantità d’informazioni su come presentare gli esercizi quando l’intento del docente non è quello di fare ripetere una risposta motoria agli allievi. Il tema è il seguente: “Di quanta informazione hanno bisogno gli allievi e quando?”.
Molti orientamenti nell’insegnamento di attività motorie e sport sostengono che ci sono volte in cui a un allievo non dovrebbe essere fornita un’informazione dettagliata su come eseguire (le caratteristiche del processo di esecuzione). Queste teorie comprendono strategie di “gioco interiore”; un approccio di giochi per capire; e approcci ambientati per l’insegnante di abilità motorie e di giochi. Tutte queste strategie affrontano l’apprendimento di un’attività motoria senza far concentrare l’allievo su come eseguire il movimento. Vengono definite “strategie d’insegnamento indirette”.
Semplicemente, non si sa molto su come orchestrare effettivamente delle strategie d’insegnamento e di apprendimento più indirette, e oggi c’è molta poca convinzione sulla loro efficacia. Non c’è motivo per credere, comunque, che non ci sia un bisogno altrettanto grande di chiarezza, in termini di comunicazione dell’intento della risposta in questa situazione.
Un criterio importante per una buona comunicazione è di stabilire se gli allievi hanno una chiara idea di ciò che stanno provando a fare dopo che l’insegnante gliel’ha chiesto.
Raffaele Di Pasquale
Ordinario di Ed. Fisica e allenatore professionista di prima categoria
Ti è piaciuto questo articolo?
Forse vuoi leggerne altri... Ecco alcuni articoli che hanno un argomento simile: