Un tempo, il professionista era lo sportivo controllato, sempre attento ai doveri e alle rinunce, pronto ad assimilare e mettere in pratica ogni richiesta e comando, disposto al sacrificio e a dare ogni goccia di sudore.
C’è anche adesso, è del tutto apprezzabile ed è giusto esserne soddisfatti. Ogni allenatore sogna un allievo o una squadra con questi caratteri ma oggi, se si vuole parlare di professionalità, occorre pensare a tante potenzialità che ha ognuno e, di più, il talento vero, che deve poter pensare, portare idee, scegliere, creare e avventurarsi da solo nel nuovo.
L'allenatore che vuole formare questo tipo professionista non può più affidarsi a conoscenze generiche o a convinzioni personali, perché lo sport di oggi richiede metodi di formazione non ancora usuali. Non è difficile, purché non si resti imbrigliati in vecchie convinzioni per paura di non sapersi adeguare alle novità. Non è, però, facile con lo sportivo adulto, perché la preparazione alla professionalità inizia dall’ingresso nello sport. Non si tratta di iniziare subito a proporre lo sport adulto che, anzi, è l’errore più difficile da correggere. Occorre, infatti, ricordare che la vita adulta inizia a prendere forma addirittura nei primi anni, e che non rispettare le fasi di sviluppo non lasciando che il bambino provi con la propria curiosità e iniziativa ciò che consente ognuna, gli impedisce di scoprire molte potenzialità o, peggio, di lasciarle sviluppare contro le esigenze della vita adulta.
Si tratta di avere alcune accortezze. La prima è non cercare ciò che non c’è. Ognuno ha una dotazione diversa dagli altri, e credere che basti chiedere prestazioni impossibili per averle è un’illusione che riserva molte sorprese. Per capirci, immaginiamo un mobile con tanti cassetti sovrapposti. Nel primo in basso ci sono quelli con i piedi quadrati, gli impacciati senza speranza e i bradipi mentre, nel primo, in alto ci sono i talenti puri. Ognuno sta bene nel proprio mentre, se è sotto, non può esprimere tutte le qualità di cui dispone, perché non glielo chiedono o perché non trova compagni per giocare alla pari. Se è sopra, deve per forza considerarsi inadeguato e incapace nei confronti degli altri. Se, invece, è collocato nel proprio, può usare tutte le qualità di cui dispone, ha il coraggio per tentare il difficile anche a rischio di non farcela, sa di essere sempre all’altezza della situazione e gareggia al suo livello possibile. Qualcuno teme che possa accontentarsi ed essere appagato dal poco, ma qui si parla di professionalità, una disposizione dell’animo, un tratto del carattere che possiede anche chi è meno dotato e lo spinge a fare sempre il possibile, mentre dell’appagamento si può soddisfare il talento, che non ha mai bisogno di fare di più.
Infine, professionalità significa anche evoluzione e, dunque, è una condizione mai del tutto raggiunta. non a caso, infatti, ci sono professionisti, o anche semplici sportivi, che continuano a migliorare e hanno una carriera più lunga nello sport. Ed è un tratto della mente e del carattere, che regolano e amministrano le qualità fisiche e tecniche, l’apprendimento e l’evoluzione.
Vincenzo Prunelli
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