I primi dieci anni sono i più delicati, e vanno affidati agli istruttori più esperti, che di un bambino conoscono il carattere, le necessità e le motivazioni, e non solo le abilità per lo sport.
I primi dieci anni
Il bambino acquisisce sicurezza, consapevolezza dei propri mezzi e coraggio se è apprezzato per ciò che sa fare, e non per ciò che gli è chiesto. Non va stimolato con miraggi solo ipotetici o troppo lontani, perché risponde alle sollecitazioni del momento, si valuta su riscontri subito verificabili e non lavora per il futuro. Va tutelato da pressioni che non tollera, come la richiesta di prestazioni impossibili, l’obbligo di impegnarsi verso traguardi troppo lontani che non sa immaginare o un’eccitazione contraria alla lucidità per impiegare le proprie risorse.
Quali sono le motivazioni di un bambino? La considerazione vera dell’adulto, rivolta a ciò che è possibile e realizzabile adesso, e senza timore di appagarlo. Altrimenti, i rischi sono futuri adulti che si sentiranno apprezzati solo se saranno in grado di soddisfare le richieste degli altri, anche se impossibili. E verso i genitori? La certezza è non sentirsi amato e accettato, un sentimento che sarà restituito anche senza misure quando il rapporto di forze sarà capovolto.
La scoperta di sempre nuove abilità da impiegare subito, cioè il risultato di oggi, e non una speranza solo ipotetica. Deve poter sentire che l’abilità è reale e verificabile, e non solo un punto del percorso. È un controsenso, quindi, pretendere che imiti i gesti del campione “per non prendere brutte pieghe”, come si dice. Ha bisogno, invece, di avere la certezza di fare sempre meglio qualcosa di cui è stato capace, per acquisire la sicurezza e il coraggio per tentare anche il nuovo, e non di giocare sempre con la paura di non essere all’altezza perché si sente inadeguato e incapace. E poi, se fosse così facile e possibile, perché nello sport professionistico di élite non chiederlo a tutti di fare come il fuoriclasse.
Il piacere del gioco, dove si verifica nel confronto con i coetanei, può tentare soluzioni e gesti nuovi senza paura di sbagliare e di fare sempre ciò che è possibile, capire i perché dell’errore, riprovare senza paura di un giudizio e correggersi. E dove può scoprire il proprio talento, che si manifesta con le intuizioni e la possibilità di trovare la propria soluzione. Il gioco, per favorire lo sviluppo stesso del cervello come organo anatomico e non solo della mente, deve piacere, e non essere fatto vivere come un lavoro e una spremuta di volontà.
Costatare di saper imparare e di essere adeguati, che è essenziale per impiegare la creatività e l’intuizione nella sperimentazione del nuovo e sentire di poterlo fare senza paura dell’errore. Se è difficilmente immaginabile, basta ricordare che un bel voto inatteso a scuola rendeva più lucidi e attivi per giorni e, nello sport, che una bella gara, un goal o anche soltanto un appezzamento oppure un bel gesto tecnico possono addirittura far uscire da una crisi.
Sentirsi più abili di ieri e liberi di provare il nuovo anche oggi. Perché si migliora? La verifica dei progressi, sapere di poter affrontare nuove situazioni, la padronanza dei gesti, il rapporto con chi lo sa guidare, giocare per vincere, ma non ancora per sentirsi migliore degli altri, l'impulso a superare il naturale sentimento d’incompletezza e il disagio nei confronti dell’adulto.
Si parla di libertà di fare, ma si può concedere questa libertà a chi non la conosce ancora? Il bambino è motivato a raggiungere le abilità e i traguardi possibili. Occorre però creargli opportunità per verificare i progressi e la crescente padronanza dei gesti. Apprezzarlo per i successi e aiutarlo ad accettare e superare gli insuccessi. Offrigli un rapporto affettivo stabile anche di fronte a dubbi, incertezze e difficoltà, ma ritenerlo responsabile da pagare le conseguenze dei suoi comportamenti.
Perché parlare di bambini quando il campionato preme, la classifica magari langue e domani si dovrà vincere a tutti i costi? Abbiamo un’altra parte del compito che è altrettanto importante ed essenziale: formare la persona che continuerà a evolvere, scoprirà il proprio talento, si saprà amministrare e arriverà a una professionalità matura.
Vincenzo Prunelli
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