Pillole

Nello sport si fanno tante cose per migliorare la prestazione, ma troppo spesso aumentando la frenesia, che è utile per sfuggire a un pericolo, ma è un blocco quando si devono usare la lucidità, il talento e l’iniziativa. Oggi si fa meno, ma si ha ancora difficoltà a immaginare l’atleta che, invece di caricarsi di adrenalina e difese contro la paura, si scarica di tensione negativa e torna a gareggiare come sa.

Le tensioni negative

Le tensioni aumentano già nella preparazione della partita, che deve, innanzitutto, essere la solita per quella importate e quella facile. A volte si usa ancora la superstizione, che ha una certa utilità perché è un mezzo, sicuramente ingenuo e fai da te, per trovare uno stato d’animo rassicurante, ma è delegato a una condizione che non dipende da sé, e denota la mancanza di strumenti almeno un po’ più attuali. Fare una preparazione diversa significa renderla più difficile, preparata per non perdere invece di giocarsela tutta al livello migliore senza escludere che si possa anche vincere, mettere in dubbio, o anche non considerare, quelle giocate nel modo migliore e ritornare con la mente a quella difficile in cui, condizionati dalla tensione, non si sono usati tutti i mezzi a diposizione.

L’eccesso di “concentrazione” prima dell’inizio. Penso che nessuno mandi più i giocatori a concentrarsi in camera già dal mattino, ma le raccomandazioni si usano ancora. Chiariamo, si spera in modo definitivo, che stare con il pensiero fisso sulle sensazioni fisiche ed emotive per sentirsi pronti al livello massimo è faticare e giocare almeno due partite. Poiché manca la prova del campo che dà la certezza concreta e la rassicurazione dopo ogni giocata positiva, cercare di stare concentrati è impossibile, perché la mente gioca un brutto scherzo. Come fa l’ipocondriaco, che si analizza per escludere delle malattie e, in questo modo, se le rappresenta e avverte tutte, così chi si sforza per essere concentrato va a cercare tutti i segnali che della deconcentrazione per risolverli, e in questo modo li ravviva e deve continuare a cercare di toglierseli.

Le emozioni e i sentimenti negativi. I più difficili da controllare sono l’ansia, l’affanno dell’attesa e la paura di non riuscire a raggiungere lo stato ottimale. Occupano i pensieri e l’attenzione e l’atleta diventa poco lucido, attento più a non sbagliare che a creare, e gravato da una condizione emotiva che lo frena o lo fa andare oltre il lecito. Le cause che determinano queste condizioni sono soprattutto l’intenzione di aumentare la carica agonistica, in modo da non avere cali durante la gara, ma la continuità si mantiene con la certezza di saper imporre le proprie iniziative. Giocare soltanto per vincere che, in modo automatico, si associa alla paura di perdere, che è l’altra faccia della medaglia. Dare più determinazione che, però, si associa con il coraggio la lucidità, e non con la frenesia e la paura dell’errore. Tenere tutti sulla corda, in modo che non si appaghino e mettano il massimo dell’impegno, ma giocare con la paura addosso lo limita. Un agonismo frenetico, ma la frenesia non sta insieme a iniziativa libera e impiego del talento. Le gare della vita da vincere a tutti i costi, che esaltano le forze dell’avversario e stimolano la paura di non farcela contro il coraggio necessario per impiegare le qualità e le iniziative non ancora sperimentate del talento, in pratica il nuovo. La cosiddetta “carica”, che non si sa come mantenere e darsi da soli e dovrebbe sempre essere stimolata da altri. E l’esagerazione dell'importanza di una gara, che ingigantisce le forze dell'avversario e porta a un livello di attivazione eccessivo e dannoso che consuma energie e provoca insicurezza e paura di non farcela. Il massimo rendimento, quindi, è una condizione che col tempo si è costruita e sedimentata nella mente, e non ha bisogno di stimoli e, anzi, se troppo sollecitata, è difficile da trovare.

Con tutto questo non si può dire che l'ansia sia soltanto negativa. Nello sport è indispensabile quando è piacere, determinazione, impazienza di misurarsi ed energia che diventa attivazione. Superato un limite, diverso per ognuno ma non superabile, invece, diventa insicurezza, mancanza di lucidità e attenzione e calo rapido del rendimento. La mente segue una logica sua particolare: se crediamo di poter infondere sicurezza e coraggio con le parole, implicitamente ne rileviamo la mancanza e procuriamo insicurezza, e alla fine la paura di non farcela si trasforma in disturbi fisici e psicologici che incidono sul rendimento.

Vincenzo Prunelli

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