Pillole

Un ricordo fissato nelle mente conserva intatti per tempi indefiniti stati fisici e mentali, gesti e sensazioni di benessere ed efficacia che, prima di ogni gara, possono essere richiamati integri e utilizzati come sono stati vissuti.

Fissare e saper usare i ricordi

Come per tutte le forme di apprendimento, occorre aver acquisito la consapevolezza di saper imparare, che ha il duplice effetto di dare sicurezza e di rendere vivo e attuale il ricordo di esperienze e momenti favorevoli vissuti. Nella mente, i ricordi positivi non si perdono, ma restano integri, e possono essere rievocati come sono stati vissuti. Nella scuola, per esempio, basta un bel voto per sentirsi più sicuri e vivere di ottimismo per giorni. Allo stesso modo più tardi, all’Università, il consiglio personale è di non preparare un esame impegnativo da solo. È utile associarlo ad altri più facili, con i quali si prova la sensazione di imparare subito e senza fatica, una condizione che disintossica dalla difficoltà a mantenere viva l’attenzione e la lucidità, e sarà poi riportata su quello difficile.

Nello sport, per esempio, invece di voler trasferire sugli allievi il proprio modo di concentrarsi, che di solito resta estraneo alle loro esperienze positive e crea tensione, è il caso di riportarli al loro, che è quello efficace. Occorre imparare come, ma farli tornare alla gara più bella che si è giocata per rivivere le stesse sensazioni fisiche e mentali e trasportarle in quella che si sta per giocare, produce già effetti verificabili.

Per quanto riguarda l’apprendimento e il mantenimento del ricordo, occorre riviverlo in gruppo, dopo la gara, in tutti i suoi passaggi, che s’imprimeranno nella memoria e saranno rievocati senza dover essere ripercorsi. Rivivere insieme i ricordi in ogni particolare, e quindi con il contributo di tutti, porta ad arricchirli con la creatività di ognuno, modificarli e trasformarli in uno schema di gioco nuovo e originale. Diventa, quindi, una delle tante forme d’insegnamento e apprendimento a imparare da soli già trattate in questo sito, e farli diventare un metodo comune costruito con il contributo di tutti.

L’istruttore partecipa come gli altri, ma non interviene quando gli allievi possono arrivare da soli alle conclusioni e alle soluzioni. Interviene quando, con la propria preparazione, intuisce percorsi e obiettivi che solo lui può vedere. In pratica, indica un obiettivo e lascia che lo raggiungano da soli. Dove, invece, non riescono a proseguire, offre l’indicazione minima perché possano procedere da soli. Non si pone come giudice, ma come esperto da consultare sulla direzione e gli obiettivi. Non suggerisce, invece, come fare, quando è il caso ammette anche di non sapere, e si trasforma quasi in compagno di studi o, addirittura, in allievo. Chiede come si può fare, mostra i propri dubbi quando vede che vanno fuori strada e offre soltanto i pareri perché trovino da soli le soluzioni. In questo modo, gli allievi percorrono tutto il tragitto verso la soluzione senza accorgersi di essere guidati, che è il modo più efficace per abituarsi a fare da soli e non perdere più le conoscenze acquisite.

Questa, com’è trattata nel libro “Famiglia, scuola e sport. Le tre agenzie educative…. “, è la figura di educatore e guida in grado di formare la persona e lo sportivo.

Vincenzo Prunelli

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