rapporto con i genitori

  • Mio figlio vuole abbandonare la scuola calcio perché non si diverte più. Che cosa posso fare per convincerlo a continuare?

  • Se un giovane trasgredisce o sbaglia per inesperienza o scarso interesse, certo basta spiegare o proporre un’alternativa più appagante. Se, però, ci troviamo in un conflitto o in un’incomprensione profonda, occorre prima capirsi e, a volte, anche correggere qualche nostro errore.

    Se i giovani sono così disponibili e sempre pronti a cambiare per migliorare, perché non basta parlare affinché capiscano e si correggano?

  • Non vi è un metodo pronto e del tutto esaustivo per trasmettere le nostre esperienze, se non la nostra capacità di creare le condizioni più favorevoli per rendere i figli recettivi e disponibili verso qualsiasi conoscenza.

  • Vedo tanti ragazzi aggressivi, annoiati, privi di interessi e di stimoli o ritirati dal mondo. Eppure, credo che noi genitori diamo affetto e li aiutiamo a essere attivi.

  • Spesso il ragazzo superdotato fallisce anche se trova condizioni favorevoli. I motivi stanno nella sua specificità e in certe particolarità del suo sviluppo, ma soprattutto negli errori di chi lo educa. Specie quando dimentica che il superdotato è una pura potenzialità da coltivare, è capace di straordinari sviluppi, ma anche di fallimenti o disadattamenti altrettanto vistosi.

    Quasi sempre ci inganna il fatto che nella prima infanzia il superdotato non abbia molti problemi...

  • Perché tanti ragazzi hanno pochi interessi, imitano chiunque sappia farsi notare e sembrano soltanto attratti da soddisfazioni che non richiedono impegno?

  • Un tempo, i figli accettavano una posizione subordinata e condiscendente almeno fino all’adolescenza, ma tanti oggi trovano facilmente le contromisure o si ribellano.

  • Se un ragazzo è troppo timido e insicuro, o si ritira sempre di più nei confronti dei coetanei senza un motivo, il genitore provi ad aiutarlo, ma se non ce la fa, chieda aiuto ad altri.

    In casa mio figlio è solo un po’ taciturno e introverso, ma con i coetanei si chiude e non si fa valere fino a voler smettere con lo sport.

  • Il genitore che non considera le capacità del figlio e chiede realizzazioni impossibili, non lo porta alla responsabilità, all’autonomia e alla socializzazione, non gli consente di sviluppare il talento e lo rende insicuro e inadeguato.
    L’allenatore non apprezza mio figlio come merita e i compagni non lo cercano. Gli dico di rispondere con gli stessi modi, perché lo fanno per invidia e cattiveria.

  • Ogni genitore vuole il bene del proprio figlio, ma non basta, e tanti farebbero qualsiasi cosa, lecita o proibita, per vederlo sempre vincitore.
    Il genitore che serve evita gli interventi maldestri, rispetta l’età del figlio, favorisce lo sviluppo della personalità e del carattere, lo valuta per ciò che è, insegna a competere in base alle proprie capacità, non pretende che cresca a sua immagine, lo stima nonostante i limiti e gli errori, fa osservare regole ben chiare.

  • Si è già parlato molto di genitori fuori dalle righe in famiglia, nella scuola e nello sport, ma occorre ritornarci. Nella scuola scadono nella violenza contro gli insegnanti, in famiglia li puniscono o li giustificano in tutto senza educarli e nello sport giocano contro i figli. Un’allenatrice ha cacciato i genitori dalla palestra e ha ricevuto solidarietà da ogni parte, ma non tutte le pecore sono nere...

  • Mia figlia ha un lieve deficit fisico e vorrebbe fare sport. Perché non sviluppi complessi d’inferiorità, faccio in modo che non si debba confrontare con gli altri nello sport e cerchi altri campi in cui potersi valorizzare.

  • Il rifiuto delle regole comuni è segno di gradito anticonformismo quando se ne conoscono di migliori, ma non si può proporre a un figlio che neppure le conosce nell’illusione di renderlo libero. Voglio un figlio che rifiuti tutti i vincoli e le regole che non ha scelto lui. Come faccio a trasmettergli questa libertà?

  • Parlare di abbandono prima che inizi la stagione può non sembrare utile, ma adottare da subito qualche cautela evita brutte sorprese. Troppi sono convinti che lo sport debba piacere e un giovane, figlio o allievo, abbia i gusti, le motivazioni, la costanza e le forze di un adulto e, quindi, si possano usare gli stessi metodi. Tanti abbandonano e altri si adattano, ma non arrivano agli sportivi che potrebbero essere. 

  • In un bambino, o appena più tardi, possiamo intravvedere le potenzialità di un campione, ma è opportuno che non lo sappia. Limitiamoci ad apprezzare ciò che sa fare oggi, che è il modo più efficace per stimolarlo a imparare e impegnarsi per scoprire fin dove riuscirà ad arrivare domani.

  • L’amicizia presuppone che entrambi gli elementi del rapporto siano liberi e responsabili nell’espressione di opinioni e iniziative e non debbano mai essere biasimati e corretti. È possibile tra genitori e figli?

  • Il genitore che vuole fare più degli altri per proprio figlio deve essere apprezzato, ma può incorrere in errori imprevisti ma gravi.
    Per mio figlio faccio di tutto, ma mi sembra di ottenere nulla. Sbaglio qualcosa o è colpa dei giovani di oggi?
    È imbarazzante parlare di errori a un genitore che s’impegna con abnegazione per un figlio, ma ci sono debolezze e trabocchetti di cui non ci rendiamo conto, ma ci caschiamo un po’ tutti.

  • Nello sport si sente spesso parlare di punizione per una sconfitta o per un errore magari involontario o non evitabile per rispondere a una richiesta che non può essere soddisfatta, ma ha ancora senso punire per formare degli adulti?

Tehethon