dinamiche maestro allievo

  • “Mando mio figlio a scuola di sport perché impari a giocare, e lasciare momenti dell’allenamento in cui può fare ciò che vuole invece di eseguire ciò che gli insegnano, mi sembra tempo perso”.

  • Sapere è essenziale ma, quando un’evoluzione degli allievi, dare compiti precisi e non modificabili e dire semplicemente che cosa e come fare è un grande limite.

  • Che cosa faccio con un allievo che considera l’allenamento una seccatura da evitare? Io sono nello sport giovanile, ma anche tra gli adulti o, addirittura, tra i professionisti, c’è qualcuno che crede di poterselo permettere.

  • Oggi, il talento è entrato nella produzione di massa: basta che non crei problemi e faccia meglio ciò che fanno tutti. Lo sport lo addestra, ma ne perde l’ingegno e la creatività.

  • Dove mancano dialogo e rapporto, l’allenatore ha difficoltà a capire se è seguito dal gruppo. Insieme alla stima e alla fiducia, favorisca anche l’intesa e l’alleanza, ma senza cercare verifiche verbali, perché si mostrerebbe troppo bisognoso e perderebbe autorevolezza.
    Conquistare la stima e la fiducia del gruppo

  • Nello sport il dialogo è troppo spesso una cerimonia il cui uno parla e gli altri ascoltano. Con gli adulti può essere quasi una collaborazione tra pari, se l’allenatore fa conoscere le proprie opinioni perché siano condivise e accetta quelle utili che gli sono proposte. I giovani, invece, devono acquisire conoscenze e responsabilità da un istruttore che ha il compito di fornirle, ma con l’obiettivo di arrivare a un rapporto “adulto”. La difesa dagli eccessi, in ogni caso, è il mantenimento di ruoli ben distinti.

  • Il contrasto con la figura adulta è quasi fisiologico, ma in un gruppo occorre intervenire. L’istruttore corregga suoi eventuali errori, poi distribuisca compiti che richiedano ingegno e, infine si confronti, ma uno o pochi non possono ostacolare tutti.

  • Un giovane può essere svogliato o anche astioso, ma un’accusa, una punizione, una sfuriata o una vittoria sterile non risolvono un conflitto e possono lasciare conseguenze imprevedibili.
    Un allievo, dotato e bravo in allenamento, da qualche tempo in gara si tira indietro. L’ho rimproverato ed ho provato anche a punirlo, ma non ho ottenuto nulla.

  • Perché molte volte chiedo a uno sportivo di esprimersi in gara con serenità e di accettare il risultato senza drammatizzare, ma se ha perso non riesco a fargli comprendere questa importante dote interiore che caratterizza i veri campioni?

  • Lo sport è tale se si può vincere o perdere. Un giovane deve potere praticare sempre uno sport ma, dove è possibile, farlo con altri di pari livello, altrimenti resta ai margini e patisce e, se è un talento, esclude gli altri dal gioco.
    Come mi comporto con un ragazzo che, in qualche modo, ignora e sminuisce gli altri perché si ritiene migliore?

Tehethon