Un giovane può essere svogliato o anche astioso, ma un’accusa, una punizione, una sfuriata o una vittoria sterile non risolvono un conflitto e possono lasciare conseguenze imprevedibili.
Un allievo, dotato e bravo in allenamento, da qualche tempo in gara si tira indietro. L’ho rimproverato ed ho provato anche a punirlo, ma non ho ottenuto nulla.
La spiegazione più frequente di un allenatore è la mancanza di volontà e di carattere. A volte è vero, ma ci possono essere altre cause fuori e dentro lo sport.
Vediamone prima alcune che possono dipendere non solo da lui. Questo giovane in allenamento è un giocatore vero e, quindi, se in campo si tira indietro, c’è un problema. Non tenta il nuovo e usa solo strumenti tecnici e gesti già collaudati, ma in questo modo non chiama in causa il talento. Qualcosa può dipendere dall’allenatore. Magari carica le gare di troppa importanza, fino a creare quell'impaccio e quell’affanno che fanno stare attenti a non commettere errori piuttosto che a imporre le proprie qualità. Li giudica, si mostra deluso o manifesta disistima, e In questo modo in alcuni crea rancore e desiderio di contrapporre un'ostilità ancora più accesa, in altri nausea di sport, tanto che in allenamento si divertono, mentre in gara non trovano il piacere o gli stimoli che servono per giocare al massimo del rendimento. Li ha allenati solo a eseguire disposizioni e mai ad assumere iniziative da soli. Per stimolarli, ha provato a convincerli di essere migliori di quanto siano in realtà, e alla fine li ha resi incerti e impauriti dal rischio di non essere all'altezza. Ha lasciato nascere delle rivalità o dei clan nella squadra, e quindi manca un collettivo che li garantisca di essere appoggiati e di poter ribaltare le situazioni. Oppure, ha preteso un agonismo che un giovane non sa sopportare.
Forse questo giovane è un insicuro che si sottovaluta, anche se non gli chiedono troppo. Crede di non potercela fare o di essere sempre inferiore agli altri e, alla fine, preferisce essere considerato indolente piuttosto che scarso. Si può trovare di fronte a un problema personale più profondo, che non dipende dallo sport, anche se è bravo e s’impegna in allenamento. Oppure, può avere tanti altri motivi che in gara lo disturbano e lo frenano.
Si può, però, pensare a un conflitto. Che cosa fare nel caso di un allievo che sfida e non s’impegna? In questi casi una reazione sembra legittima, ma se non s'impegna perché s'impunta e vuole fare la guerra all’allenatore, le sfuriate e gli insulti non servono, e anzi ne accentuano la debolezza o l'impotenza. Quest’allievo ha di sicuro qualcosa di più profondo da correggere, magari motivi non ragionevoli ma, se rinuncia al gioco, che l’ha sempre divertito, certo più resistenti di una lavata di testa. E poi, un allenatore che chiede o ordina con una sfida che non è sicuro di vincere, deve fare attenzione a non perdere due volte. Lui si agita, e agli allievi basta tirare ancora di più i remi in barca per fargli vedere che in campo contano loro.
In ogni caso, l’allenatore faccia sempre attenzione a non prendere di punta, anche se un rimprovero o un urlo sembrano meno pesanti di una punizione. Potrebbe stimolare reazioni impreviste. Certi allievi sono talmente abituati, a casa o a scuola, a sentirsi rimproverare, e quindi a pagare a poco prezzo anche le mancanze vere o un'applicazione svogliata e inconcludente, da non ricavare alcuno stimolo da un giudizio o da un'indignazione. Altri, invece, temono talmente un giudizio o un rimprovero da rinunciare a qualsiasi forma di creatività e iniziativa pur di non avventurarsi dove potrebbero rischiare un errore. Altri sono ostili e reattivi e sanno di esserlo, e in questi casi una strigliata o un rimprovero privi di veri effetti, per l’allievo diventano una sfida da vincere, e per l'allenatore l'ultima risorsa prima della resa. Altri, ancora, pur non opponendo una franca resistenza, ottengono risultati deludenti rispetto alle loro qualità, sembrano indolenti e disinteressati o, addirittura, paiono non capire cosa devono fare, e allora è il caso di pensare a un’opposizione mascherata, ma non per questo meno sgradevole.
Che cosa può fare l’allenatore? Non gli resta che andare a fondo e capire che cosa succede a questo giovane e, se anche lui ne è la causa, fare la propria parte per correggersi. Qualcuno dirà che di fronte a un ragazzino non si può cedere, ma cercare di risolvere i problemi è più utile di una vittoria sterile.
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