Con i bambini piccoli, sono nel giusto se cerco di tirare subito fuori il calciatore? Assolutamente no.
Il calciatore adulto ha un fisico già formato e, se continua a praticare lo sport a un certo livello, ha anche qualità superiori alla media e già sviluppate, forza fisica per tradurre in azione le intenzioni e costanza per sostenere uno sforzo che non paga subito.
Il bambino deve ancora scoprirsi, valutare la varietà e la misura delle proprie forze, collaudarsi e acquisire le regole e l’abilità capaci di indirizzare un'iniziativa ancora disordinata verso scopi precisi. Non possiamo, quindi, chiedergli di seguire schemi rigidi o di essere il giocatore che vorremmo noi.
Dobbiamo solo seguirlo nella sua creatività, limitandoci a segnalare i percorsi lungo i quali è lecito e produttivo esprimersi, in modo che si scopra e si sperimenti e diventi il giocatore che potenzialmente c'è in lui.
Spesso i settori giovanili affidano i bambini agli allenatori meno esperti o, quelli più attenti alle innovazioni, si sentono tranquilli se fanno riferimento a qualche teoria, specie a quelle che considerano lo sviluppo una specie di risposta automatica a degli stimoli.
L'allenatore non esperto,
per esempio:
- usa stimoli come la classifica o la prospettiva del successo e della carriera, tutti strumenti inefficaci e dannosi per un bambino, perché gli prospettano una realtà non a sua misura e lo convincono di non essere all'altezza di richieste che non è ancora in grado di criticare;
- lo organizza come fosse già un professionista, con orari, divise, rituali, alchimie tattiche o la partita da vincere a tutti i costi, mentre il bambino percepisce solo la realtà che sta vivendo, che per lui è piena di curiosità e di scoperte, e non ne sa pensare una astratta ed estranea ai suoi interessi;
- cerca di specializzarlo insegnandogli subito il calcio dell'adulto, ma così gli impedisce di sviluppare le sue reali potenzialità, che può scoprire solo usando i suoi mezzi di bambino.
In definitiva, per l'allenatore dobbiamo immaginare una formazione che non ammetta interventi impersonali e uniformi, o l'applicazione di metodi dei quali non si conoscono i pericoli e le reali potenzialità. Un avvio sbagliato, infatti, incide sullo sviluppo e sulla completezza dello sportivo e dell'uomo stesso, perché, specie nei primi anni, noi dobbiamo fornire modelli di vita prima ancora che insegnamenti o soluzioni utili per lo sport.
E come portarli a dare il massimo? Basta lasciarli liberi di fare e non opprimerli con tante pressioni.
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