Formazione

Pur considerando che ogni allievo è diverso dagli altri e ha qualcosa di solamente suo che deve poter esprimere, un discorso è preparare un giovane a fare sport per divertirsi, e un altro è lavorare sulle qualità che portano allo sport di alto livello.

L’istruttore e il talento

Tra i due livelli ci sono differenze, ma l’istruttore che ha facilità a insegnare e chiedere a tutti la stessa cosa ed è anche preparato a operare singolarmente sulle qualità di ognuno, può insegnare ovunque. Il semplice sportivo può essere indirizzato verso un determinato gesto o soluzione, di solito quelli del campione, che l’istruttore crede siano i migliori per tutti. In pratica, lavora soprattutto perché tutti imparino allo stesso modo e ripetano, anche se ognuno in qualche modo apporta qualche modifica per adattarlo alle proprie caratteristiche.

Al talento permette, invece, di lavorare sulle proprie qualità, che non significa lasciargli fare come vuole, ma spiegare i perché e dove si vuole arrivare, dare qualche indicazione su ciò che non può ancora sapere e, poi, lasciare spazio alle qualità specifiche e alla possibilità di scegliere la soluzione più efficace dettata dal talento del singolo. Non dilatiamo troppo questo concetto, perché il talento ha una creatività che non può essere facilmente imbrigliata, e in ogni soluzione, anche se data pronta e soltanto da eseguire, mette sempre qualcosa di proprio. In pratica, significa passare dall’insegnamento che impone una ripetizione passiva al lasciare spazio alle qualità del singolo e all’iniziativa personale. O, per addentrarci ancora di più nel funzionamento della mente, se l’allievo allena la critica, che è capire e valutare, riesce a capire da dove si parte e dove si vuole arrivare.  In pratica, si abitua a pensare agli imprevisti e preparare e imporre la soluzione più efficace, che con il tempo diventa un automatismo stabile. Se può esercitare la creatività, l’intuizione e l’invenzione, si abitua a cogliere d’istinto tutta la situazione e a trovare soluzioni nuove e imprevedibili. Anche qui si può dire che il talento ci arriva anche da solo, ma se l’insegnamento è un semplice passaggio d’informazioni e soluzioni pronte, non chiama in causa i livelli superiori della mente, dove opera il talento. Ovviamente non è tutto così a portata di mano come sembra si dica nel precedente paragrafo, perché anche l’istruttore deve essere preparato a cambiare schema con ogni allievo e a ogni situazione. L’argomento è molto complesso e non può essere trattato in poche pagine e, soprattutto, va imparato e sperimentato partendo dalle idee e dalle risposte dell’allievo.

Che cosa occorre fare? Di solito, si crede che tutto dipenda da ciò che si conosce e dalla capacità di far capire e dare comandi chiari, dal non avere dubbi e non sbagliare mai, che è già una buona cosa, ma l’adesione e la collaborazione dipendono di più dal rapporto, dal clima di lavoro e da tutto ciò che viene dalla somma dei contributi di entrambi. Cioè da quanto l’istruttore sa far partecipare l’allievo, cosa che non può fare in gara dove, invece, dovrebbe tacere, perché entrano in gioco gli automatismi, e ascoltare, pensare e poi decidere sarebbe un processo troppo lento. Può intervenire con un consiglio, perché da fuori si vedono cose che in campo sfuggono, ma non urlare, rimproverare o umiliare, interventi che impediscono la concentrazione. Qualcuno teme che non sia possibile lasciare tanta libertà perché l’allievo potrebbe non sapere che cosa fare, o scegliere percorsi improduttivi, perché, in un gioco collettivo, potrebbe scegliere quelli che valorizzano lui a danno degli altri, ma basta provare.

Facciamo un breve elenco di ciò che è opportuno fare. Innanzitutto, occorre creare un clima di accettazione reciproca e collaborazione. Concedere tutta la libertà di essere creativi anche in gara, ma pretendere che ognuno sia sempre responsabile e paghi le conseguenze. Valorizzare l'ingegno, la creatività e la partecipazione, e concedere spazi per esprimersi. Curare qualità e facoltà come essere leader, conoscersi e utilizzarsi, assumere iniziative, imparare, correggersi, gestire la responsabilità non controllata e guidata, il coraggio e la sicurezza per tentare il nuovo. Apprezzarlo per ciò che fa senza paura di appagarlo, offrire dati e informazioni, e lasciarli interpretare, criticare o anche cambiare, se ne trova di migliori. E chiedergli ciò che sa fare solo lui

Evitare i rischi. Rispettare i tempi dello sviluppo, perché il talento ne patisce più degli altri. Non pretendere più di ciò che può dare, perché prendere atto di non poterlo fare produce insicurezza e scoraggiamento. Permettere di fare ciò che è possibile solo a lui, altrimenti si frena il talento. Lasciare libere la creatività e l’iniziativa che, altrimenti, si potrebbero trasformare in disinteresse verso le regole e gli obblighi, insofferenza o insicurezza, perché queste qualità, se non si esprimono in modo costruttivo, possono diventare distruttive e rendere non adatti allo sport.

Vincenzo Prunelli

 

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