Pillole

Il discorso sembra complesso ma, in una Santa Pasqua si ha tutto il tempo per meditare e allontanare il pensiero da luoghi meravigliosi in cui si vorrebbe essere. Non sarà come andare a fare un picnic con gli amici, ma chi ha la curiosità di avventurarsi nella lettura avrà modo di passare un po’ di tempo senza annoiarsi troppo.

La paura di sbagliare

Non si vuole consigliare a un giovane di sbagliare senza cercare di fare subito tutto giusto, e può sembrare che si debba giocare senza mettere attenzione in ciò che si fa, ma vedere un giocatore che non sbaglia mai, fa pensare che si limiti a ripetere senza usare il proprio talento. A una prima considerazione può anche piacere, ma occorre chiedersi se arriverà a ciò che potrebbe fare.

Nel primo caso, il giovane allena la memoria e l’attenzione, controlla la precisione di ogni gesto e operazione e usa ciò che conosce, ma in questo modo è più portato a fare ciò che impone la situazione. Cerca perlopiù di annullare l’iniziativa dell’avversario, ma il talento, che in questo caso si riferisce a ciò che ognuno potrebbe fare, e il collettivo, che è pensare tutti insieme a ciò che vorremmo imporre, hanno bisogno di spazi liberi davanti, dove si crea ciò che non c’è ancora, e di un obiettivo verso il quale dirigersi.

Anche in questo modo il giovane si trova di fronte a situazioni che deve risolvere al momento, ma è difficile che crei l’imprevisto e lo sviluppi, perché provare e non riuscire è subito una colpa. Se, poi, si parla di un creativo non espresso, è facile che si trovi con due intenzioni in contrasto: una è non uscire dal seminato per non commettere errori, e l’altra è non provarci quando pensa a qualcosa di più utile, ma troppo rischioso.

Usciamo dalle sottigliezze. La paura di sbagliare non è soltanto un banale malessere psicologico, ma crea anche pesanti disagi fisici e freni al rendimento.  Un giocatore che ha tutte le mosse e le azioni già stabilite non è criticabile e può essere efficace, ma non quanto sarebbe nelle sue possibilità. Essere troppo attenti a non sbagliare crea paura, anche se garantisce di non uscire dal percorso. Non permette, però, di vederne altri, dove agiscono creatività, intuizione, e ingegno per creare il nuovo e l’imprevisto. Per esempio, intralcia gli automatismi, che permettono di porre l’attenzione sull’obiettivo senza pensare al gesto necessario per non sbagliare, perché un errore, sia da evitare e sia da correggere, se resta presente nella mente condiziona l’azione.

Il concetto sembra difficile, ma teniamo conto che lavorare su un errore per correggerlo, lo rende più evidente e condiziona tutto il movimento. Ricordo un esperto francese di nuove tecnologie ma digiuno di fisiologia e di tecniche di apprendimento, che consigliava di filmare e scomporre il movimento, scoprire l’errore d’impostazione, posizionare l’arto, e poi, di eseguire il gesto fino a correzione avvenuta. In pratica, il giocatore doveva calciare come avesse l’arto ingessato per un gesto che probabilmente aveva eseguito mille volte e bastava recuperare nella memoria.

Facciamo qualche esempio in positivo entrando in un campo forse sconosciuto ai più. Un giocatore di basket che vuole correggere un errore di tiro, se parte da uno sbaglio e cerca tutte le posizioni del braccio per correggerlo, sarà sempre impacciato. Se, invece, guarda solo il cesto e immagina di centrarlo, gli automatismi perfezionati a ogni centro riuscito, organizzeranno il movimento senza dover fare nulla per dirigerlo. La stessa cosa avviene nel calcio per i tiri di punizione. Non immagino che Corso o altri, prima di tirarle studiasse come mettere il piede prima di calciare. Guardava soltanto il punto dove mandare il pallone, e il cervello inviava lo stimolo giusto ai muscoli per centrarlo.

Facciamone anche qualcuno in cui si vede che la paura può comandare il cervello. Per esempio, l’alpinista improvvisato rischia di cadere quando è preso dal panico: ha la sensazione che le mani non ce la facciano a rimanere aggrappate e, in effetti, perdono forza come fosse vero. Trovandoci all’improvviso esposti su un precipizio sentiamo di poter cadere e siamo costretti a sederci perché ci sentiamo attrarre. Per lo stesso motivo, chi non sa nuotare non si avvicina troppo a una pozza di cui non si vede il fondo. In tutti questi casi, la paura agisce sulla zona motoria del cervello come se ordinasse l’azione che si cerca di evitare.

Non stiamo sul drammatico e concludiamo con lo sport, dove la paura di sbagliare un gesto costringe a “costruirlo” mentalmente, e neutralizza gli automatismi, che sono il motore di quello giusto. Oppure, non ricordo di un giocatore chiamato all’improvviso dalla panchina che si sia infortunato quasi subito. È probabile che l’attenzione al gioco mettesse in moto, in modo inavvertito, la circolazione e la giusta attivazione muscolare come stesse giocando.

Vincenzo Prunelli

Ti è piaciuto questo articolo?

Forse vuoi leggerne altri... Ecco alcuni articoli che hanno un argomento simile:

Tehethon