Le domande degli allenatori

Ho in squadra un ragazzo che non riesco a frenare. È indisciplinato, altezzoso e, se lo correggo, anche impertinente. Se gli voglio insegnare un gesto tecnico, lo esegue come vuole, e a volte in modo più efficace, ma influenza anche gli altri che cercano di imitarlo ed io sento quasi di non essere più seguito.

L’anarchico

Ci possono essere giovani incorreggibili con i quali si dovrebbe parlare individualmente. Succede, invece, di avere a che fare con altri dotati e difficili da guidare ma, prima di assumere decisioni, cerchiamo di capire perché, e facciamo qualche considerazione.

La più rassicurante è che sia più bravo degli altri e soltanto un po’ arrogante, e limitiamoci a questo caso. Innanzitutto, Se si comporta così, è anche perché si diverte, ma è più dotato degli altri e cerca ogni situazione per esprimere il proprio talento. Deve provare, sperimentarsi, scoprire nuove possibilità di liberare l’esuberanza, valutare l’efficacia delle proprie forze e stabilire il limite di ciò che gli è possibile. E, poiché vede l’efficacia delle proprie iniziative, pretende di diventare un po’ padrone dell’ambiente.

Certo non può essere lasciato libero di disturbare il lavoro di tutti, ma occorre abbandonare vecchi sistemi. Consideriamo che sia un talento costretto a vivere dentro confini troppo stretti e non si senta abbastanza valorizzato. Qualcuno pensa alle maniere forti, ma in questo modo ne alimenta la parte reattiva e il desiderio di vincerla comunque. Oppure di riconoscergli la sua maggiore abilità a parole, ma questa è la resa, perché sa da solo di valere più degli altri, e cercare di rabbonirlo perché si contenga, è un atteggiamento servile che toglie autorevolezza.

Se il problema è tutto lì, quando va lasciato libero? Quando vediamo che non si oppone ogni volta e per principio, ma sceglie un metodo o anche solo un gesto che per le sue qualità è più efficace. Questo non significa che un insegnamento si possa rifiutare, perché ci saranno volte in cui sarà utile, e bisogna abituare gli allievi a scegliere il gesto più efficace in ogni situazione.

Va, invece, frenato quando agisce in opposizione, nell’esclusiva ricerca di vantaggi personali a svantaggio della squadra, non tiene conto degli altri e delle loro esigenze, manca di autocontrollo o, addirittura, mostra la volontà di distruggere invece di costruire. E se non cambia? Va escluso, perché non è adatto a uno sport di gruppo.

È difficile separare ciò che è utile da ciò che va frenato, ma l’istruttore può creare un clima che avvicina e ottiene adesione o uno che allontana e porta a reagire. Nel primo caso, si propone come guida coerente, preparata e stimabile, pronto ad accettare i contributi validi, e gli allievi lo seguono, perché gli riconoscono autorevolezza e competenza, e cercano il suo apprezzamento. In ogni caso, ponga regole e limiti affinché gli allievi non arrivino a dover essere frenati, perché le libertà non controllate diventano abitudini e diritti difficili da togliere. Badi alle intenzioni, e poi lasci che facciano, sbaglino e si correggano, che è l’unico modo per imparare a fare da soli e non avere sempre bisogno di aiuti o controlli.

L’istruttore può avere tutte le ragioni, ma spesso deve rimediare a qualche suo errore. Come quando non lascia spazio e li opprime con le proprie certezze, giudizi troppo rigidi, una severità non motivata o attese che non sono sicuri di poter soddisfare. È troppo inflessibile e severo, e condanna la loro esuberanza se non sono subito costruttivi. Cerca prima di tutto la vittoria, mentre il suo compito principale è sviluppare il talento, che espone anche all’errore, ma è il percorso più efficace per arrivare a vincere. Si sofferma troppo sulla critica di ciò che si è sbagliato, che fa ragionare sugli errori per arrivare alla correzione, invece di autorizzarli alla ricerca del nuovo, che parte da un terreno pulito, impegna creatività e ingegno e sviluppa il talento. Non s’illuda di renderli più efficienti continuando a fare per loro perché li vuole subito adulti e responsabili, altrimenti non impareranno a fare da soli e non raggiungeranno l’autonomia che è il segno che caratterizza la vita adulta.

Vincenzo Prunelli

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