Parkour

Spesso il traceur definisce il parkour come “l'arte del movimento” e, come nell'arte, ci sono due aspetti fondamentali in relazione tra loro: l'espressione artistica del movimento, nella sua essenzialità, bellezza, perfezione, ma anche un aspetto più interno che rappresenta l'espressione di sé attraverso il movimento.

Il traceur è un atleta alla ricerca della massima espressione di sé, alla ricerca dei propri limiti, della propria autonomia, delle proprie capacità ancora inespresse. Questo movimento verso l'interno non è comunque un movimento che lo isola a livello sociale, anzi, attraverso le pratica, assolutamente soggettiva, c'è la possibilità dell'incontro e della riscoperta del territorio, del sociale e della condivisione con altri traceurs delle proprie difficoltà e della propria esperienza.

Sempre in analogia con il mondo artistico, esistono due modalità di percepire il percorso di ricerca.

Ci sono traceurs più ortodossi, puristi, legati alle tradizioni del parkour che percepiscono tale disciplina come un prezioso strumento per entrare in connessione ed esprimere la propria essenzialità, la propria libertà d'essere, in relazione agli altri traceur, in condivisione, in gruppo, ma non in competizione; ogni espressione soggettiva è unica, singolare e personale e va condivisa e non esibita.

Ci sono poi traceurs più in sintonia con la commercializzazione, la sponsorizzazione e la spettacolarizzazione del parkuor; la ricerca gel gesto atletico/acrobatico è anche finalizzato al riconoscimento di un pubblico, all'esibizione nei contest. Il punto di totale rottura tra questi due modi d'essere è rappresentato dal grande fenomeno di spettacolarizzazione competitiva mediatica di “Art of motion”.

Un altro aspetto fondamentale nella psicologia del traceur è rappresentato dal costante rapporto che l'atleta ha con le proprie paure. La paura è per sua funzione una protezione dai possibili rischi, che spinge l'atleta a una disciplina di allenamento impeccabile alla ricerca di una preparazione fisico/mentale ideale per affrontare, in sicurezza, sfide sempre più complesse e performanti; ma la paura rappresenta anche un limite da superare che impedisce la libera espressione di sé. Il traceur quindi si muove costantemente tra questi due aspetti della paura cercando di “ascoltare” la funzione protettiva e di superare l'aspetto spaventante/bloccante della paura.

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