Pillole

È una comunicazione che, nonostante la distinzione chiara tra chi insegna e chi impara, prevede il confronto e lo scambio di contributi.

Permette all’allievo di pensare, esercitare la critica e la creatività, esprimere e proporre idee, opinioni e soluzioni, e addestrarsi nell’iniziativa libera e nella ricerca del nuovo.

Così il giovane sperimenta tratti della vita adulta come la responsabilità, l’autonomia, l’iniziativa non comandata e la possibilità di decidere, perché chi lo guida elimina le distanze e non si fa considerare inarrivabile, non manipola, prova e lascia provare il nuovo e non teme di doversi correggere.

Non c’è ancora molta confidenza con gli effetti positivi sullo sviluppo, in pratica con «che cosa si può fare per formare lo sportivo e l’uomo», e allora soffermiamoci su che cosa si può prevenire o correggere.  
L’allievo che può parlare con l’educatore che insegna riceve una risposta costruttiva anche soltanto perché lo vive come una guida credibile che lo fa sentire adeguato, riconosciuto e considerato.

Si può presentare senza timori, reticenze e finzioni, perché sa di essere ascoltato, aiutato a farcela da solo e incoraggiato a mettersi alla prova con le forze che possiede. È stimolato a pensare ed esercitare la propria iniziativa sapendo che sarà apprezzato più per le intenzioni che per il risultato immediato, e senza temere l’errore.

Con queste rassicurazioni e la possibilità di accedere da solo a nuove esperienze, rinforza l’autostima e la sicurezza, perché la scoperta di nuove abilità e l’apprezzamento dell’adulto sono forse le più forti motivazioni, si rassicura di essere all’altezza dei compiti che gli spettano e di contare, supera la paura dell’errore e acquisisce responsabilità e autonomia.

L’allievo che chiede per risolvere dubbi e paure, poi, può far conoscere le proprie difficoltà e necessità ed essere aiutato dove non ce la fa da solo. E attraverso la risposta dell’adulto, può verificare e constatare la validità delle proprie opinioni e imparare a correggersi.

L’essenza dell’insegnamento, però, non è tanto l’aiuto che può ricevere quando non ce la fa da solo quanto il percorso che va dalla mancanza fino al possesso e alla padronanza della conoscenza.

Perché? L’allievo informato sui singoli punti e sugli obiettivi finali è autorizzato e chiamato a pensare e studiare i mezzi e i percorsi per raggiungerli, esercita la critica e la creatività, interviene e propone senza doversi limitare a eseguire. In pratica, la vera sostanza dell’apprendimento è l’acquisizione di tutto il processo che porta alla conoscenza o, meglio, il metodo che permette di arrivare da soli a tutte le conoscenze.

Parlare «con» è un esercizio di apprendimento anche per l’istruttore. Lo scambio dei messaggi, la cooperazione allo sviluppo del percorso verso la conoscenza e la partecipazione razionale ed emotiva che coinvolge entrambi gli permettono di conoscere a fondo mezzi, potenzialità, limiti, personalità e carattere di ogni allievo e di apprezzarne e valorizzarne le capacità; di sapere se e che cosa ha capito, se ha qualcosa di proprio da illustrare o anche da proporre, e quali sono le sue difficoltà; di ascoltare e intervenire con aiuti non generici, ma centrati sui bisogni, i dubbi e gli ostacoli veri; e, infine, di capire quando è il caso di chiarire o ampliare ciò che insegna.

Come impara l’istruttore? Poiché non propone un insegnamento già confezionato e generico, ma lo adatta agli allievi e alle circostanze che si presentano, può scoprire i modi più adatti ai singoli e alle situazioni, correggere e cambiare gli interventi che non si mostrano efficaci e cogliere e sviluppare quelli che si dimostrano più favorevoli. In pratica evolve come fa l’allievo, anche se su piani diversi. Non s’impegna tanto per trovare la soluzione del momento, quanto per scoprire nuovi percorsi da proporre agli allievi. In pratica, diceva un allenatore: «butto avanti il pallino, vigilo per intervenire se ne hanno bisogno e lascio che lo raggiungano da soli».

Corregge senza stimolare opposizione, perché non considera l’errore una colpa, risultato d’incapacità o mancanza d’impegno. Lo considera, invece, un punto di vista da ampliare, uno spunto da discutere per trovare insieme la soluzione efficace per la squadra e, soprattutto, per l’allievo, oppure anche da correggere se si dimostra inefficace. Tutto questo, ovviamente, senza giudizi o rimproveri, ma con l’offerta di un aiuto.

Tramanda i propri caratteri di adulto, perché, a differenza di chi si limita a trasmettere informazioni e a condannare l’errore, si rende accessibile e propone un modello comprensibile e imitabile. E ottiene le opinioni e le risposte per regolare il livello dell’insegnamento. Tutti ricordiamo la confusione e la sensazione di isolamento quando, a scuola, avevamo perso un passaggio di una spiegazione, ci mancavano le opinioni dei compagni che avevano capito e l’insegnante passava oltre. Non si tratta, quindi, di regolare l’insegnamento sui meno dotati e di penalizzare gli altri, ma di rendere l’apprendimento più facile per tutti.

Infine, può utilizzare la gara per cogliere gli spunti positivi che vanno ricordati, o anche per trasformare un errore in uno schema originale e in una nuova conoscenza.

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