Le domande degli allenatori

[Domanda da Michele Brillada]

Capita che il talento si stufi di sport? 
Il talento è una potenzialità strettamente personale. Non è, quindi, uguale per tutti e, per il bambino, il gioco libero è il percorso per sviluppare il proprio.

Comprende le capacità fisiche e le abilità, ma è soprattutto l’uso che ne può e sa fare, che è la capacità di usarle secondo la situazione e la condizione che si vuole imporre.

Il gioco libero consente al bambino tutti i gesti dello sport possibili all’età e, quindi, non ha senso fargli imitare quello del campione, perché non ne avrà mai gli stessi mezzi tecnici, o allenarlo da subito a quello dell’adulto, perché non ha ancora quelli fisici e, soprattutto, deve rinunciare alla scoperta dei propri. Solo quando avrà acquisito armonia e padronanza del proprio, il giovane potrà modificarlo prendendo spunti da quello del campione, ma non riuscirà a riprodurlo uguale.
Nel gioco, il bambino non conosce il trucco, la violenza o le furbate, che sono elementi quasi impliciti nella specializzazione precoce e nel giocare solo per vincere, che sono i più grandi ostacoli alla scoperta e allo sviluppo del talento.

Per il talento, il gioco e il divertimento sono le motivazioni più importanti, ma è possibile che il talento si stufi di sport, e le cause sono la sua specificità, la particolarità del suo sviluppo ed errori dello sport.

È una potenzialità da coltivare, ma lo sport esclude spesso le funzioni della mente, perché chiede di eseguire, invece di allenare a scoprire e sviluppare le sue potenzialità.

Vuole portarlo a traguardi eccezionali quando il giovane non è ancora pronto e, a volte indica i sistemi e i trucchi, per ottenerli. Per questo, lo avvia troppo presto a un agonismo che lo obbliga a modi non suoi e non sa tollerare.

Poiché non lo lascia libero di provare e lo allena a eseguire e non a impiegare le proprie potenzialità, non gli offre spazi per esprimere creatività e iniziativa libera, e gli impone di adattarsi a metodi che non lo soddisfano.  

Gli chiede di ripetere e imitare gesti perfetti in allenamento e, per paura dell’errore, gli impedisce di impiegarli in gara.

Raramente lo sport per tutti riesce a formare squadre omogenee per capacità tecniche, e il talento non trova compagni con i quali giocare allo stesso livello. Deve regolarsi sulla media degli altri e frenare per aspettarli.

Il talento in attività può smettere per esasperazione, ansia, pressioni e per vivere come tutti, mentre altri lo continuano in modo passivo in una semplice routine, e si trascinano a livelli modesti senza entusiasmi e colpi d’ingegno, chiusi in mille problemi e contorsioni mentali.

Le vostre domande. Le domande degli allenatori

Vincenzo Prunelli

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