Le domande degli allenatori

Credo che la volontà vada sviluppata già nel bambino, in modo che diventi qualità definitiva.

Ho però l'impressione che quando chiedo un maggior impegno i bambini non mi seguano. È un mio errore o è inevitabile?

Nello sport si commette spesso l'errore di considerare la volontà come uno sforzo, un sacrificio, una rinuncia a qualcosa di più appagante o una preparazione per ottenere vantaggi in tempi successivi. Il bambino non ha ancora queste spinte interiori e non ha interesse per ciò che otterrà più tardi; ci segue e ha volontà solo finché si diverte, e smette appena si stufa.

Il bambino agisce per interesse, per curiosità, per vedere fin dove può riuscire sul momento e per avere il nostro apprezzamento. Sostituiamo, quindi, il termine volontà con "piacere" e "interesse" e offriamogli tutte le occasioni perché si diverta per ciò che fa adesso, e avremo il bambino che si impegna senza sentire lo sforzo.
L'errore, quindi, è dello sport che, con la sua organizzazione sempre più ossessiva, la specializzazione precoce, il lavoro metodico e privo di gioia e di interesse, non riesce a più a catturare l'adesione del bambino. E allora ricorre alla volontà come fosse la soluzione, ma così non riesce a stimolare nessuna delle motivazioni del bambino e, anzi, blocca proprio quelle che gli dovrebbero stimolare la volontà.

Come stimolare psicologicamente un ragazzo con ottime doti quando si estranea dal gruppo, sembra disinteressato e affronta senza impegno gli allenamenti?

Un ragazzo che non prova piacere per lo sport pur avendo ottime doti ha qualche problema. Il più probabile è che lo senta sgradevole o che vi sia un clima nel quale non si sente a proprio agio. In questi casi la soluzione è ovvia, ma non sempre semplice. Se abbiamo lasciato che le cose arrivassero a questo punto, vuole dire che ci sono condizioni sfavorevoli o che abbiamo fatto errori che dobbiamo recuperare.
Può anche accadere che un ragazzo abbia problemi che vengono da fuori dello sport, come essere un timido che si sente a disagio nel gruppo e si riprende solo quando gioca, un viziato che rifiuta tutto ciò che richiede fatica e non dà subito piacere, un "molle", che ha sempre bisogno di qualcuno che faccia per lui, oppure uno con un genitore che lo opprime perché pretende che sia un campione. L'unica cosa certa è che ci fa capire che lo sport così com'è, o come glielo facciamo vivere, non gli piace e magari vorrebbe smettere.
In ogni caso, quando c'è un problema legato al carattere o all'ambiente extrasportivo, risulta più difficile stimolare, perché ciò che noi possiamo fare non basta quasi mai. Però, non sbagliamo se facciamo in modo che trovi più piacere nell'allenamento, se riusciamo a creare un clima di gioco e di partecipazione in cui vi sia anche lui a pensare, decidere e sentirsi importante anche fuori della gara.

Come possiamo noi allenatori stimolare volontà e impegno? Io cerco di inculcarli, ma poi vedo che fanno come prima. Come fare con il giocatore che non si impegna?

Prima di tutto, l'impegno non si stimola con le parole, le pressioni o qualche atteggiamento studiato. Per ottenerlo bisogna che:

  • abbiamo autorità e siamo seguiti;
  • siamo riconosciuti e stimati come guida e leader;
  • siamo convincenti e sicuri di ciò che chiediamo;
  • sappiamo comunicare e coinvolgere nella responsabilità;
  • riusciamo a formare una "cultura di squadra", con un modo di operare e regole chiare che coinvolgono ogni componente.

Lasciamo da parte le considerazioni generali e andiamo sul pratico. Perché i giocatori si impegnino, occorre prima di tutto che li coinvolgiamo nell'individuare gli obiettivi da raggiungere, ne accettiamo le idee, i contributi e le soluzioni e offriamo loro tutta la responsabilità che sono in grado di assumersi. Occorre, in definitiva, che li trattiamo come soggetti in grado di pensare e di fare la loro parte.
Poi dobbiamo premiarli per ciò che fanno, riconoscendo le intenzioni e gli sforzi prima ancora che i risultati, valorizzando le idee e le iniziative che vanno nella direzione che ci aspettiamo, lasciando che ognuno porti i propri contributi ma, soprattutto, applicandoli e non fermandoci solo alle parole.
In sintesi, rendiamo piacevole lo sport, perché l'altra faccia della mancanza di impegno non è tanto la volontà, quanto il piacere e l'interesse.

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