Le domande degli allenatori

Mi fai uscire dal mio campo, che è scoprire ingegno e talento, e mi fai parlare di terapia. Ci proverò, anche se per una risposta non generica occorre conoscere la persona, la famiglia, l’ambiente in cui vive e la risposta al colloquio.

E dare consigli è addirittura più difficile, perché si rischia di peggiorare le cose e, in casi patologici, di entrare in situazioni troppo intricate, e a volte, addirittura pericolose, dalle quali non si riesce a uscire.
Posso formulare delle ipotesi, sulle quali ogni allenatore può riflettere.

La ludopatia tra i giovani sportivi

Un ragazzo non parla più con i genitori e il suo allenatore mi dice che con lui si vanta di giocare a poker e di scommettere sulle patite. Che cosa gli consiglio?

Ci troviamo di fronte a una fase di opposizione alle figure genitoriali, ma non solo. Il ragazzo si comporta come se avesse già vinto la partita, tanto che vuole dimostrare che i genitori non contano. Gioca a fare il grande, ma senza avere idea di cosa sia la vita adulta, modo tipico di non è ancora uscito da età precedenti.
Deve stupire facendo il “duro navigato”, e allora si potrebbe pensare a una vanteria ma oggi è troppo facile farsi attirare dalla ludopatia. Anche le istituzioni che dovrebbero svolgere una funzione educativa incitano al gioco d’azzardo consentendo una pubblicità sfacciata del tutto diseducativa, e chi dovrebbe controllare si limita ad avvertire che “il gioco è vietato ai minori e potrebbe creare dipendenza”, e forse s’ingrassa. Che mondo di… E forse fa anche uso di sostanze, perché la disinvoltura sfacciata con cui provoca l’allenatore lascia pensare che non abbia attenzioni neppure per le conseguenze sullo sport.
Occorre, poi, indagare il modello di figura adulta con cui ha a che fare: dalla famiglia, alla scuola e all’ambiente fino al tempo libero. La famiglia sembra già avere perso la partita: non solo non riesce a dargli un indirizzo di vita, ma neppure più a farsi ascoltare. Oppure, il ragazzo mostra ciò che ha acquisito proprio dalla famiglia, e non bisogna stupirsi, perché basta poco per essere modelli diseducativi.

Ludopatia: i fattori ambientali

La scuola non gli da grosse soddisfazioni perché un ragazzo che ha troppo bisogno di far vedere che c’è recitando la parte dell’eroe negativo e “vissuto” per farsi considerare interessante, sicuramente è sfiduciato nei confronti del rendimento scolastico.
Come va con l’ambiente? È quasi inevitabile che un ragazzo che manifesta questi disagi si vada a misurare con amicizie pericolose. Dobbiamo parlare del gruppo e fare conto che stia cercando di trovare la propria posizione. In ogni caso, deve dimostrare di essere all’altezza: si vuole imporre come leader o si esibisce per farsi accettare come gregario? La prima ipotesi è più pericolosa, perché si scalano posizioni solo con comportamenti sempre più a rischio e, dopo averle raggiunte, si deve continuare per non perderle. O, magari, tenta di imporre anche solo a parole una leadership che non riesce a ottenere altrimenti, e allora è più facile che si limiti a trasgredire nei confronti della scuola.

Il ruolo dell'allenatore sportivo

Potrebbe, però, essere un ragazzo intelligente e creativo che non si sente riconosciuto, il classico Pierino che ha paura a misurarsi in campi utili e sceglie la via più facile per fare il capopopolo. Qui occorrerebbe parlare con la scuola, perché non sarebbe il “ragazzo che se solo volesse”, come si dice in questi casi, ma quello che si defila perché è troppo scoraggiato anche solo per provarci.
E l’allenatore? In casi come questi, fare qualcosa non è facile, ma limitarsi a osservare è troppo poco. Deve intervenire, anche fino ad allontanarlo se non riesce a riportarlo alla norma, perché ha un ruolo educativo e deve tutelare gli altri. Il consiglio, però, è di rivolgersi a chi sa come funziona la mente e di non seguire quegli allenatori, anche di grido che, specie di fronte a situazioni negative che non hanno capito e spesso hanno creato, per risolverle dicono: “Questa settimana lavoro sulla testa”.

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