Formazione

Con il talento è più facile commettere errori, perché è un personaggio più complesso, ha qualità che vanno scoperte perché non si esauriscano o non diventino impulsi negativi.

Di solito, il talento è considerato vivace e intraprendente, ma anche impulsivo, polemico, indisciplinato e intrattabile. In parte è vero, perché una creatività e un desiderio d’iniziativa che non riescono a esprimersi si trasformano facilmente in intolleranza, irrequietezza o ribellione. Quando un talento è intrattabile,

forse risponde anche a una natura inquieta, ma certo di più a un clima che lo lega e non lo lascia esprimere o, in altre parole, non sa indirizzare la sua vivacità e trasformarla in una forza costruttiva .

Un giovane creativo reagisce e si oppone quando si sente costretto da imposizioni rigide e non spiegate che gli impediscono di far valere le proprie idee e liberare l’impulso creativo. Lo sport ha paura di appagarlo o di lasciargli libertà che non sa controllare, e per questo non lo apprezza per quanto vale o crede di valere. Oppure crede di conquistarlo e di stimolarlo a dare di più premiandolo concedendogliene troppa, e il talento approfitta per crearsi le regole che lo soddisfano.

Quali possono essere i nostri errori? Il primo, durante la formazione, è la pretesa di imbrigliarlo all'interno di disposizioni rigide o non spiegate per neutralizzare la sua iniziativa ancora disordinata, mentre il talento ha bisogno di esprimere creare. Più tardi, invece, deve ricorrere solo ai gesti più “razionali”, che gli sono ordinati a spese dei propri. Gli riescono, ma si deve adattare a una situazione invece di permettergli di crearla.

Un allenatore ai massimi livelli diceva: “ Io costruisco gli schemi, i binari sui quali i giocatori devono correre. Loro devono solo seguirli”. Il che significa ignorarne, e quindi non lasciargli esprimere, le idee, le proposte e l’impulso creativo o, in altri termini, costringerlo in un recinto, mentre la sua natura è dominare gli spazi aperti.

C’è chi dice di farlo per non “lasciargli montare di più la testa”, ma in questo modo non lo apprezza per quanto vale o crede di valere. Addirittura, non gli consente di rassicurarsi di valere, perché costringerlo semplicemente a imitare ed eseguire vuol dire negargli l’uso delle parti più nobili dell’intelligenza e, quindi, impedirgli di prendere completa coscienza del proprio talento, che è soprattutto ingegno.

Pretendiamo quasi che vinca da solo perché sentiamo che può dare più degli altri, ma in questo modo lo costringiamo a ricorrere a ciò che sa fare meglio, ma da solo se non ha compagni altrettanto dotati, e a stare più attento al risultato che a tentare il nuovo, che per lui è la vera palestra per scoprire e allenare il talento.

E, se non riusciamo a dominarlo, accettiamo, o magari cerchiamo, la sfida, ma perdiamo sempre. Ci fa la guerra usando la propria creatività, incrocia le gambe o ci fa il capopopolo contro, e allora diventa “logico” imbrigliarlo.

E allora cosa fare? Innanzitutto, se scopriamo che un allievo è creativo, lasciamo che crei: che assuma iniziative non previste, si metta alla prova e si corregga e, soprattutto, vada oltre ciò che gli insegniamo perché, se non impariamo dai nostri allievi e non sommiamo con loro il nostro ingegno, siamo dei maestri mediocri.

E se la sua creatività lo porta a sbagliare? Parliamone senza punirlo e giudicarlo, e offriamogli la nostra esperienza perché si corregga e, in ogni caso, apprezzarlo anche solo perché cerca di fare. E poi, lasciamo che trovi lui le soluzioni, e magari ci convinca che sono migliori delle nostre. In pratica, poniamogli regole e margini dentro i quali esercitare creatività e iniziativa e alle quali debba rispondere se esce dagli spazi che gli sono consentiti.

E, infine, ricordiamo che le motivazioni più potenti dei giovani, talenti o meno, sono il nostro apprezzamento se siamo autorevoli, la constatazione dei progressi e la possibilità di collaborare, avere le loro responsabilità ed esprimere la propria creatività e vederne i risultati.

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