Formazione

L’esperienza, la resilienza e il coraggio di mettersi in gioco sono tre condizioni indispensabili dell’apprendimento.

Impegnatevi per ottenere ciò di cui avete bisogno, e quando non riuscite a ottenerlo, ebbene, sorridete e tentate ancora, in un modo diverso. William Hart

Dall’esperienza s’impara sempre, importante è mettersi in gioco, uscire dalla zona di comfort. Si può scegliere di restare seduti dietro le quinte, comodi, ma solo mettendosi in gioco e facendo esperienza ci possono essere i presupposti per fare e conoscersi meglio: la prossima volta si potrà fare diversamente e meglio.

È importante lavorare su obiettivi e sul superamento di errori e sconfitte: si impara da tutto ciò che succede per fare meglio in futuro, funzionare meglio e conoscersi meglio come individui e come squadra.

Il vero Team si incontra dopo un'esperienza, e vede che cosa è andato male e come si può migliorare. Ci si mette a tavolino e si esamina al dettaglio quello che è successo, come si potrà far meglio la prossima volta, e i modi per far meglio sono tanti.

Nel gruppo è importante conoscersi, confrontarsi, sostenersi e, pian piano, cercare di fare progetti. È importante, quindi, parlarsi guardandosi negli occhi.

Riporto di seguito una testimonianza descritta nel testo Disciplinaliquida di Franco Del Campo, campione di nuoto, presente a due finali alle Olimpiadi di Città del Messico (1968): “Partecipare ai Giochi Olimpici e magari raggiungere – anche se da ultimo – due finali, è il sogno supremo di chiunque faccia sport. Per arrivare alla fine di questa lunga marcia, però, bisogna iniziare con un numero infinito di passi intermedi, di allenamenti, di gare piccole, qualche volta vinte e più spesso perse (diffidare di quelli che vincono subito, troppo spesso e troppo facilmente: non riusciranno a imparare dall’esperienza e a superare il prezioso stress formativo della sconfitta). Poi arrivano, lentamente, le gare più importanti, prima regionali e poi nazionali. E non ci sono scorciatoie. Ma a questo punto devi aver superato una certa selezione, basata – certo – sui tempi e sui risultati, ma soprattutto trascinata dalla determinazione, dalla testardaggine, dalla caparbia volontà di tener duro, anche se avresti voglia di fare altro”.

L’atleta può considerare il non raggiungimento di un obiettivo prefissato come una sconfitta personale, ma nello sport si mettono in conto le sconfitte. Esse servono a farti fermare, riflettere, fare il punto della situazione, osservare, valutare, capire cosa c’è stato di utile e d’importante nella prestazione eseguita e su cosa, invece, bisogna lavorare, che cosa si può migliorare. La sconfitta, quindi, potrebbe servire per fare una valutazione delle proprie risorse, punti di forza e, al contempo, delle criticità.

Se un atleta è molto motivato a praticare uno sport che comporta lavoro, sacrifici e rinunce, affronterà le sconfitte a testa alta, complimentandosi con se stesso per ciò che di buono che è riuscito a fare finora. E si complimenterà con l’avversario per la bravura dimostrata in quell’occasione, anche perché alla fine trovi sempre uno più forte o che comunque riesce a batterti. In questo caso un carattere importante del vero campione è la resilienza, il cui significato è: “Mi piego ma non mi spezzo”, che significa che il vero campione esce dalle sconfitte con più voglia di riscattarsi, far meglio e migliorare gli aspetti e le aree in cui ha mostrato carenza. Il concetto di resilienza è presente anche nelle persone che subiscono traumi, e quelli che possiedono questa caratteristica non vanno incontro a stress acuti o disturbi post traumatici di stress.

Il dottor Siebert, psicologo clinico fondatore del Resiliency Center of Portland, nel suo testo Il vantaggio della resilienza, come uscire più forti dalle difficoltà della vita, spiega come si possono trarre lezioni preziose dalla scuola della vita in cinque passi:

“Passo uno. Dopo aver avuto un’esperienza importante, rivivetela mentalmente, in modo da chiarirvi bene cosa è accaduto. Poi ripercorrete la scena come un osservatore esterno.

Passo due. Descrivete l’esperienza. Raccontatela a un amico o riportatela sul diario. Siate osservatori obiettivi. Non s’impara né quando si giustificano le proprie azioni né quando si è ipercritici nei confronti di se stessi. Quando riuscite a osservarvi con distacco, vi ponete in condizione di elaborare scelte di comportamenti diversi.

Passo tre. Domandatevi: “Che cosa posso imparare da questa esperienza? Se ricapitasse la stessa cosa, che cosa potrei fare in modo diverso e che cosa alla stessa maniera?”.

Passo quattro. Immaginate di parlare o agire con maggiore efficace la prossima volta.

Passo cinque. Provate a raffigurarvi mentalmente la vostra risposta migliore e più efficace. Nella vostra immaginazione, guardatevi compiaciuti mentre, la prossima volta, padroneggiate al meglio la situazione”.

Lavorare attraverso l’immaginazione, la visualizzazione, permette di esercitarsi, di allenarsi in vista di una situazione da affrontare.

Perls, nel suo testo L’approccio della gestalt, descrive come l’attività mentale sembra agire come risparmiatrice di tempo, energia e lavoro: “Quando medito su un problema, cercando di determinare quale corso d’azione seguirò in una data situazione, è come se facessi due cose molto reali. In primo luogo, ho una conversazione circa il mio problema: in realtà potrei avere questa conversazione con un amico. In secondo luogo, riproduco con l’occhio della mente la situazione in cui mi porrà la mia decisione. Anticipo nella fantasia ciò che accadrà nella realtà e, sebbene la corrispondenza tra la mia previsione fantasticata e la situazione reale possa essere non assoluta, così come non lo è la corrispondenza tra l’albero della mia mente e l’albero del mio giardino, così com’è solo approssimativa la corrispondenza tra la parola ‘albero’ e l’oggetto albero, è tuttavia sufficiente perché io possa basare le mie azioni su di essa. Pertanto, l’attività mentale sembra agire come risparmiatrice di tempo, energia e lavoro per l’individuo”.

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